lunedì 30 marzo 2020

#22 Esce la lattaia


La vachere - Julien Dupre
Si parla in lingua gaelica in questa scena. Sì ma chi davvero la parla e chi effettivamente la capisce? Dopo alcuni momenti di incomprensione e incomunicabilità, l'incontro con la lattaia si chiude la lingua che mette tutti d'accordo: il denaro.

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Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
Stephen listened in scornful silence. She bows her old head to a voice that speaks to her loudly, her bonesetter, her medicineman: me she slights. To the voice that will shrive and oil for the grave all there is of her but her woman's unclean loins, of man's flesh made not in God's likeness, the serpent's prey. And to the loud voice that now bids her be silent with wondering unsteady eyes.
— Do you understand what he says? Stephen asked her.
— Is it French you are talking, sir? the old woman said to Haines.
Haines spoke to her again a longer speech, confidently.
— Irish, Buck Mulligan said. Is there Gaelic on you?
— I thought it was Irish, she said, by the sound of it. Are you from the west, sir?
— I am an Englishman, Haines answered.
— He's English, Buck Mulligan said, and he thinks we ought to speak Irish in Ireland.
— Sure we ought to, the old woman said, and I'm ashamed I don't speak the language myself. I'm told it's a grand language by them that knows.
— Grand is no name for it, said Buck Mulligan. Wonderful entirely. Fill us out some more tea, Kinch. Would you like a cup, ma'am?
— No, thank you, sir, the old woman said, slipping the ring of the milkcan on her forearm and about to go.
Haines said to her:
— Have you your bill? We had better pay her, Mulligan, hadn't we?
Stephen filled again the three cups.
— Bill, sir? she said, halting. Well, it's seven mornings a pint at twopence is seven twos is a shilling and twopence over and these three mornings a quart at fourpence is three quarts is a shilling and one and two is two and two, sir.
Buck Mulligan sighed and, having filled his mouth with a crust thickly buttered on both sides, stretched forth his legs and began to search his trouser pockets.
— Pay up and look pleasant, Haines said to him, smiling.
Stephen filled a third cup, a spoonful of tea colouring faintly the thick rich milk. Buck Mulligan brought up a florin, twisted it round in his fingers and cried:
— A miracle!
He passed it along the table towards the old woman, saying:
— Ask nothing more of me, sweet. All I can give you I give.
Stephen laid the coin in her uneager hand.
— We'll owe twopence, he said.
— Time enough, sir, she said, taking the coin. Time enough. Good morning, sir.
She curtseyed and went out, followed by Buck Mulligan's tender chant:
—  Heart of my heart, were it more,
More would be laid at your feet.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Stephen ascoltava in sdegnoso silenzio. Quella china la vecchia testa a una voce che le parla forte, il suo conciaossa, il suo stregone: me mi sdegna. Alla voce di colui che la confesserà e che ungerà per la tomba tutto quel che resta di lei salvo i lombi immondi di donna, di carne d’uomo non fatta a somiglianza di Dio, preda del serpente. E alla voce alta che ora le impone di tacere con occhi stupiti incerti.
– Capisce quel che le dice? domandò Stephen.
– Parla francese, signore? disse la vecchia a Haines.
Haines tornò a parlarle, un più lungo discorso, sicuro di sé.
– Irlandese, disse Buck Mulligan. Mastica il gaelico lei?
– Mi pareva che fosse irlandese, disse lei, dal suono. Lei è dell’ovest, signore?
– Sono un inglese, rispose Haines.
– È inglese, disse Buck Mulligan, e pensa che dovremmo parlare irlandese in Irlanda.
– Certo che dovremmo, disse la vecchia, e io mi vergogno di non parlarlo. Mi dicono quelli che se ne intendono che è una gran lingua.
– Grande non è la parola, disse Buck Mulligan. È semplicemente meravigliosa. Versaci un altro po’ di tè, Kinch. Ne gradisce una tazza, signora?
– No, grazie, signore, disse la vecchia, infilandosi il manico del bidone nell’avambraccio e disponendosi ad andarsene.
Haines le disse:
– Ha portato il conto? Sarebbe meglio pagarla, vero, Mulligan?
Stephen tornò a riempire le tre tazze.
– Il conto, signore? disse lei, fermandosi. Dunque, sono sette mattine una pinta a due pence fa sette volte due fa uno scellino e due pence e queste tre mattine due pinte a quattro pence fa sei pinte che fa uno scellino. Questo è uno scellino e uno e due che fa due e due, signore.
Buck Mulligan sospirò e, riempitasi la bocca di una crosta di pane generosamente imburrata da tutte e due le parti allungò le gambe e cominciò a frugarsi nelle tasche dei pantaloni.
– Paghi col sorriso sulle labbra, gli disse Haines, gaiamente.
Stephen riempì una terza tazza, il denso ricco latte colorandosi debolmente d’una cucchiaiata di tè. Buck Mulligan cavò fuori un fiorino, lo rigirò tra le dita e gridò:
– Miracolo!
Lo fece passare lungo la tavola verso la vecchia, dicendo:
– Non chiedermi altro tesoro.
Ciò che posso io te lo do.
Stephen le depose la moneta nella mano passiva.
– Dobbiamo ancora due pence, disse.
– C’è tempo, signore, disse la vecchia prendendo la moneta. C’è tempo. Buongiorno, signore.
Fece la sua riverenza e se ne andò, seguita dalla tenera cantilena di Buck Mulligan:
– Cuor del mio cuore, se più ce ne fosse,
Più ne sarebbe messo ai tuoi piedi.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Stephen ascoltava assorto in un silenzio sprezzante. Lei china la vecchia testa a una voce che le parla forte, aggiustaossa, il suo stregone: mi disprezza. A quella voce che la confesserà e ungerà per la tomba tutto ciò che rimane di lei, tranne i suoi lombi sporchi di donna, carne d’uomo fatto non a somiglianza di Dio, la preda del serpente. E a quella voce forte che ora le ordina di stare in silenzio ad ammirare con occhi incerti.
– Capisce cosa sta dicendo? le chiese Stephen.
– Parla francese forse, signore? chiese a Haines la vecchia.
Haines, sicuro di sé, le parlò ancor più a lungo.
– Irlandese, disse Buck Mulligan. Lo parla, lei, un po’ di gaelico?
– Mi pareva irlandese, disse quella, dal suono. Viene dall’ovest, signore?
– Sono inglese, rispose Haines.
– È inglese, disse Buck Mulligan, e secondo lui in Irlanda dovremmo parlare irlandese.
– Anche secondo me, disse la vecchia, e io stessa mi vergogno di non saperla parlare quella lingua. Mi vien detto da chi se ne intende che è una lingua grandiosa.
– Grandiosa non è esatto, disse Buck Mulligan. Assolutamente meravigliosa. Versaci un altro po’ di tè, Kinch. Ne vuole una tazza, signora mia?
– No grazie, signore, rispose la vecchia, facendo scivolare la maniglia del recipiente lungo l’avambraccio, e pronta ad andare.
Haines le disse:
– Ha con sé il conto? È meglio che la paghiamo, Mulligan, non trova?
Stephen riempì di nuovo le tre tazze.
– Il conto, signore? disse lei, arrestandosi. Allora, sono sette mattine una pinta a due pence fa sette per due fa uno scellino e due pence in tutto e queste tre mattine un quarto a quattro pence fa tre quarti fa uno scellino e uno e due fa due e due, signore.
Buck Mulligan sospirò e dopo essersi riempito la bocca con una crosta ben imburrata da entrambi i lati, si stiracchiò le gambe e iniziò a rovistare nelle tasche dei pantaloni.
– Saldi il conto cortesemente, gli disse Haines sorridendo.
Stephen riempì la terza tazza, un cucchiaino di tè a colorare lievemente il latte ricco e denso. Buck Mulligan tirò fuori un fiorino, se lo rigirò tra le dita e disse:
– Miracolo!
Lo fece correre lungo il tavolo verso la vecchia, dicendo:
– Non mi chieda di più, cara mia. Tutto ciò che posso darle, io glielo do.
Stephen adagiò la moneta sulla mano poco entusiasta di lei.
– Le dobbiamo due pence, fece.
– Non c’è fretta, signore, disse lei, prendendo la moneta. Non c’è fretta. Buona giornata, signore.
Fece una riverenza e uscì, seguita dal dolce canto di Buck Mulligan:
– Cuor del mio cuore, se avessi di più
Di più avresti ai tuoi piedi.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
Stephen ascoltava in sdegnoso silenzio. Lei china la testa canuta innanzi a questa voce che le parla sbraitando, come davanti al suo giustaossa, al suo stregone. A me non bada. E cosí farà davanti a chi la confessa, e con chi preparandola per la tomba ungerà quel che resta di lei, tranne i suoi lombi impuri di donna, carne d’uomo non fatta a somiglianza di Dio, preda del serpente. E cosí ancora adesso davanti a questa voce forte che le impone di tacere, occhi stupiti e incerti.
– Capisce quello che le dice? chiese Stephen alla donna.
– Cosa parla, il signore, parla francese? chiese la vecchia a Haines.
Haines le fece un discorso piú lungo, fiducioso d’esser compreso.
– Le sta parlando in irlandese, intervenne Buck Mulligan. Capisce il gaelico?
– Ci avevo pensato che fosse irlandese, dal suono, lei disse. Il signore viene dall’ovest?
– Sono inglese, rispose Haines.
– È inglese, fece Buck Mulligan, e pensa che noi in Irlanda dovremmo parlare irlandese.
– Sicuro che è cosí, disse la vecchia, e io per me mi vergogno di non parlarlo. Quelli che lo conoscono m’hanno detto che è una grande lingua.
– Grande non è la parola giusta, disse Buck Mulligan. È una pura meraviglia. Versaci ancora un po’ di tè, Kinch. Signora, ne gradisce una tazza?
– No, grazie, signore, disse la vecchia, facendo scivolare il manico del recipiente del latte sul suo avambraccio, pronta ad andarsene.
Haines le disse:
– Ce l’ha il conto? Sarebbe meglio pagarla, vero, Mulligan?
Stephen riempí le tre tazze.
– Il conto, signore? fece la donna fermandosi. Be’, sono sette mattine, ogni volta una pinta di latte a due pence fa sette volte due, che è uno scellino e due pence, e queste tre mattine due pinte a quattro pence fa sei pinte, che fa uno scellino. Piú lo scellino e due pence, fa due scellini e due, signore.
Buck Mulligan sospirò, e dopo essersi ficcato in bocca una crosta di pane ben imburrata su entrambi i lati, allungò le gambe e prese a frugarsi nelle tasche dei calzoni.
– Paghi il conto con faccia contenta, gli suggerí Haines, sorridendo.
Stephen riempí una terza tazza; un cucchiaino di tè colorò fievolmente il latte ricco e denso. Buck Mulligan cavò fuori un fiorino, lo fece roteare tra le dita e gridò:
– Miracolo!
Attraverso la tavola lo fece arrivare alla vecchia, dicendo:
– Non mi chieda altro, dolcezza mia. È tutto quel che posso dare.
Stephen le pose la moneta nella mano esitante.
– Le dobbiamo due pence, disse.
– C’è tempo, signore, rispose lei, prendendo la moneta. Nessuna fretta. Buona giornata, signore.
Fece un inchino e uscí, seguita dai teneri accenti del canto di Buck Mulligan:
Cuor del mio cuore, se piú ve ne fosse
Metterei ai tuoi piedi il piú del mio avere.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ho fatto riferimento al seguente passo dell'Antico Testamento, dal Levitico 15,19-28
19 Quando una donna abbia flusso di sangue, cioè il flusso nel suo corpo, la sua immondezza durerà sette giorni; chiunque la toccherà sarà immondo fino alla sera. 20 Ogni giaciglio sul quale si sarà messa a dormire durante la sua immondezza sarà immondo; ogni mobile sul quale si sarà seduta sarà immondo. 21 Chiunque toccherà il suo giaciglio, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà immondo fino alla sera. 22 Chi toccherà qualunque mobile sul quale essa si sarà seduta, dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà immondo fino alla sera. 23 Se l'uomo si trova sul giaciglio o sul mobile mentre essa vi siede, per tale contatto sarà immondo fino alla sera. 24 Se un uomo ha rapporto intimo con essa, l'immondezza di lei lo contamina: egli sarà immondo per sette giorni e ogni giaciglio sul quale si coricherà sarà immondo.
25 La donna che ha un flusso di sangue per molti giorni, fuori del tempo delle regole, o che lo abbia più del normale sarà immonda per tutto il tempo del flusso, secondo le norme dell'immondezza mestruale. 26 Ogni giaciglio sul quale si coricherà durante tutto il tempo del flusso sarà per lei come il giaciglio sul quale si corica quando ha le regole; ogni mobile sul quale siederà sarà immondo, come lo è quando essa ha le regole. 27 Chiunque toccherà quelle cose sarà immondo; dovrà lavarsi le vesti, bagnarsi nell'acqua e sarà immondo fino alla sera. 28 Quando essa sia guarita dal flusso, conterà sette giorni e poi sarà monda. 
Nel brano inoltre si cita la seguente poesia The oblation (L'offerta) di Algernon Swinburne del 1971:
Ask nothing more of me, sweet;
   All I can give you I give.
      Heart of my heart, were it more,
More would be laid at your feet—
   Love that should help you to live,
      Song that should spur you to soar.
All things were nothing to give,
   Once to have sense of you more,
      Touch you and taste of you, sweet,
Think you and breathe you and live,
   Swept of your wings as they soar,
      Trodden by chance of your feet.
I that have love and no more
   Give you but love of you, sweet.
      He that hath more, let him give;
He that hath wings, let him soar;
   Mine is the heart at your feet
      Here, that must love you to live.
Anche nella versione musicata da Theophilus Marzials intorno al 1880, che potrete ascoltare qui:
https://verseandmusic.com/2016/08/31/ask-nothing-more/

giovedì 5 marzo 2020

#21 Entra la lattaia

La lattaia di Vermeer
Nel bel mezzo della colazione, una nuova figura viene introdotta nella torre di Sandycove: la vecchia lattaia. Scopriamo come verrà accolta la nuova ospite da Buck, Haines e Stephen.

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Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
The doorway was darkened by an entering form.
— The milk, sir!
— Come in, ma'am, Mulligan said. Kinch, get the jug.
An old woman came forward and stood by Stephen's elbow.
— That's a lovely morning, sir, she said. Glory be to God.
— To whom? Mulligan said, glancing at her. Ah, to be sure!
Stephen reached back and took the milkjug from the locker.
— The islanders, Mulligan said to Haines casually, speak frequently of the collector of prepuces.
— How much, sir? asked the old woman.
— A quart, Stephen said.
He watched her pour into the measure and thence into the jug rich white milk, not hers. Old shrunken paps. She poured again a measureful and a tilly. Old and secret she had entered from a morning world, maybe a messenger. She praised the goodness of the milk, pouring it out. Crouching by a patient cow at daybreak in the lush field, a witch on her toadstool, her wrinkled fingers quick at the squirting dugs. They lowed about her whom they knew, dewsilky cattle. Silk of the kine and poor old woman, names given her in old times. A wandering crone, lowly form of an immortal serving her conqueror and her gay betrayer, their common cuckquean, a messenger from the secret morning. To serve or to upbraid, whether he could not tell: but scorned to beg her favour.
— It is indeed, ma'am, Buck Mulligan said, pouring milk into their cups.
— Taste it, sir, she said.
He drank at her bidding.
— If we could only live on good food like that, he said to her somewhat loudly, we wouldn't have the country full of rotten teeth and rotten guts. Living in a bogswamp, eating cheap food and the streets paved with dust, horsedung and consumptives' spits.
— Are you a medical student, sir? the old woman asked.
— I am, ma'am, Buck Mulligan answered.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
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Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Il vano della porta fu oscurato da una figura che entrava.
– Il latte, signore.
– Avanti, signora, disse Mulligan. Kinch, prendi il bricco.
Una vecchia si fece avanti e si fermò accanto a Stephen.
– È una bella giornata, signore, disse. Sia gloria al Signore.
– A chi? disse Mulligan, dandole un’occhiata. Ah sì, naturalmente.
Stephen si sporse all’indietro e prese il bricco del latte dalla credenza.
– Gli isolani, disse Mulligan a Haines come di passata, parlano spesso dell’esattore di prepuzi.
– Quanto, signore? domandò la vecchia.
– Due pinte, disse Stephen.
La guardò mentre versava nel misurino e di lì nel bricco il pingue latte bianco, non il suo. Vecchie mammelle avvizzite. Ne versò un’altra misura colma e una giunta. Vecchia e segreta era entrata da un mondo mattutino, forse una messaggera. Vantava la bontà del latte, nel versarlo. Accoccolata presso una vacca paziente all’alba nel pascolo lussureggiante, strega sul suo fungo velenoso, dita grinzose alacri sui capezzoli sprizzanti. Muggivano intorno a lei che ben conoscevano, le bestie seriche di rugiada. Seta delle mucche e povera vecchietta, nomi che le si davano nei tempi andati. Una vegliarda errante, umile forma di un’immortale che serve chi la conquise e chi allegramente la tradì, loro druda comune, messaggera del segreto mattino. Se per servire o per rampognare, lui non avrebbe saputo dirlo: ma sdegnava di sollecitarne i favori.
– Proprio così, signora, disse Buck Mulligan, versando il latte nelle tazze.
– Lo assaggi, signore, disse lei.
Egli bevve al suo invito.
– Se soltanto potessimo vivere di cibo buono come questo, le disse a voce piuttosto alta, non avremmo il paese pieno di denti guasti e budella marce. Si vive in una palude infetta, si mangia cibo da pochi soldi con strade lastricate di polvere, merda di cavallo e sputi di tisici.
– Lei studia da medico, signore? domandò la vecchia.
– Sì, signora, rispose Buck Mulligan.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
L’uscio si oscurò per l’accedere d’una sagoma.
– Il latte, signore.
– Venga, signora mia, disse Mulligan, Kinch, porta la brocca.
Una vecchia donna si fece avanti e si fermò accanto al gomito di Stephen.
– Che gran bella giornata, signore, disse lei. Sia ringraziato Iddio.
– Chi? disse Mulligan, squadrandola. Ah, non avevo capito.
Stephen si sporse indietro e prese la brocca del latte dalla credenza.
– Gli isolani, disse Mulligan a Haines con fare vago, parlano spesso del collezionista di prepuzi.
– Quanto, signore? chiese la vecchia.
– Un quarto, fece Stephen.
La guardò versare nella misura e poi nella brocca quel latte ricco e bianco, non suo. Vecchie mammelle rinsecchite. Ne versò di nuovo una misura piena e poi ancora un po’. Vecchia e discreta si era affacciata da un mondo mattutino, forse un messaggero. Lodava la bontà del latte, nel versarlo. China accanto a una vacca paziente allo spuntar del giorno in un campo rigoglioso, una strega sul suo fungo velenoso, le dita rugose veloci a maneggiar mammelle sprizzanti. Muggivano intorno a lei nel riconoscerla, bovini lucenti come seta di rugiada. Seta delle vacche e povera vecchia, nomi che le venivano dati nei giorni che furono. Una vecchia megera errante, forma umile di un immortale al servizio del conquistatore, e del di lei gaio traditore, la loro cornuta comune, un messaggero del mattino segreto. Servire o rimproverare, quale delle due cose non sapeva dire: ma sdegnava di implorare il favore di lei.
– Propriò così, disse Buck Mulligan, versando latte nelle loro tazze.
– Lo assaggi, signore, disse lei.
Lui bevve al suo invito.
– Se solo potessimo vivere di cibo buono come questo, le disse piuttosto ad alta voce, non avremmo il paese pieno di denti marci e budella marce. Vivere in un acquitrino di torbiera, mangiare cibo da due soldi e con le strade tappezzate di immondizia, merda di cavallo e sputi di tubercolotici.
– Lei è uno studente in medicina, signore? chiese la vecchia.
– Sì, signora mia, rispose Buck Mulligan.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– Il latte, signore.
– Venga, venga, signora, disse Mulligan. Kinch, prendi il bricco.
Una donna anziana si fece innanzi e si fermò accanto a Stephen.
– Bella giornata, vero, signore? Sia resa gloria a Dio.
– A chi? disse Mulligan, lanciandole un’occhiata. Ah, sí, sí, certo!
Allungando il braccio all’indietro, Stephen prese il bricco del latte dalla credenza.
– Qui gli isolani, fece Mulligan a Haines con aria casuale, parlan spesso del grande esattore di prepuzi.
– Quanto, signore? chiese l’anziana.
– Due pinte, rispose Stephen.
Poi la guardò riempire il misurino e versare nel bricco quel latte bianco e grasso, latte non suo. Vecchie zinne avvizzite. La donna versò di nuovo un misurino colmo e con l’aggiunta. Anziana e misteriosa, era comparsa da un mondo mattutino, forse una messaggera. Versandolo, lodava la bontà di quel latte. Al sorgere del sole, in rigogliosa pastura, accucciata presso una vacca paziente, tipo strega seduta sul suo fungo velenoso, con dita grinze e svelte sui capezzoli che sprizzano. Le bestie satinate dalla rugiada la conoscevano e le muggivano intorno. Seta di vacca e misera vecchina, frasario dei vecchi tempi. Vegliarda vagante, umile forma di un’immortale dea al servizio del conquistatore e di chi allegramente l’ha tradita, loro concubina in comune, messaggera dal segreto mattino. Se per servirli o per accusarli, Stephen non avrebbe saputo dire: ma sdegnoso di sollecitarne i favori.
– Ah, proprio cosí, cara signora, disse Buck Mulligan, versando il latte nelle tazze.
– Lo assaggi, signore, disse lei.
Obbedendole Buck bevve.
– Se potessimo vivere di cibo cosí sano, le disse rialzando alquanto la voce, non avremmo un paese pieno di gente con intestini marci e denti guasti. Viviamo in una palude stagnante, mangiando cibo che nutre poco, fra strade coperte di polvere e sterco di cavallo e sputi di tisici.
– Lei, signore, studia medicina? chiese la vecchia.
– Sissignora, rispose Buck Mulligan.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ho citato il seguente passo dall'Antico Testamento, dalla Genesi 17,10-14 (nuova riveduta):
10 Questo è il mio patto che voi osserverete, patto fra me e voi e la tua discendenza dopo di te: ogni maschio tra di voi sia circonciso. 11 Sarete circoncisi; questo sarà un segno del patto fra me e voi. 12 All'età di otto giorni, ogni maschio sarà circonciso tra di voi, di generazione in generazione: tanto quello nato in casa, quanto quello comprato con denaro da qualunque straniero e che non sia della tua discendenza. 13 Quello nato in casa tua e quello comprato con denaro dovrà essere circonciso; il mio patto nella vostra carne sarà un patto perenne. 14 L'incirconciso, il maschio che non sarà stato circonciso nella carne del suo prepuzio, sarà tolto via dalla sua gente: egli avrà violato il mio patto
Questi invece sono i link alle canzoni tradizionali irlandesi a cui il passo dell'Ulisse fa riferimento; potrete ascoltare l'audio e trovare anche il testo:

Droimeann Donn Dilis (Silk of the kine)

Sean Van Vocht (Poor old woman):
"Oh! the French are on the sea," says the Sean van Voght,
"Oh! the French are on the sea," says the Sean van Voght,
"The French are in the Bay, they'll be here at break of day,
(...)
"Will old Ireland then be free? " says the Sean van Voght,
"Will old Ireland then be free? " says the Sean van Voght,
"Old Ireland shall be free from the centre to the sea;

domenica 2 febbraio 2020

#20 Il tè nella torre

Il tè (Mary Cassatt, 1880)
Haines dice che Mulligan il tè lo fa forte. Non poteva essere altrimenti, non ci saremmo aspettati da Mulligan un tè leggero e una colazione senza le sue irriverenze.

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Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
Haines sat down to pour out the tea.
— I'm giving you two lumps each, he said. But, I say, Mulligan, you do make strong tea, don't you?
Buck Mulligan, hewing thick slices from the loaf, said in an old woman's wheedling voice:
— When I makes tea I makes tea, as old mother Grogan said. And when I makes water I makes water.
— By Jove, it is tea, Haines said.
Buck Mulligan went on hewing and wheedling:
So I do, Mrs Cahill, says she. Begob, ma'am, says Mrs Cahill, God send you don't make them in the one pot.
He lunged towards his messmates in turn a thick slice of bread, impaled on his knife.
— That's folk, he said very earnestly, for your book, Haines. Five lines of text and ten pages of notes about the folk and the fishgods of Dundrum. Printed by the weird sisters in the year of the big wind.
He turned to Stephen and asked in a fine puzzled voice, lifting his brows:
— Can you recall, brother, is mother Grogan's tea and water pot spoken of in the Mabinogion or is it in the Upanishads?
— I doubt it, said Stephen gravely.
— Do you now? Buck Mulligan said in the same tone. Your reasons, pray?
— I fancy, Stephen said as he ate, it did not exist in or out of the Mabinogion. Mother Grogan was, one imagines, a kinswoman of Mary Ann.
Buck Mulligan's face smiled with delight.
— Charming! he said in a finical sweet voice, showing his white teeth and blinking his eyes pleasantly. Do you think she was? Quite charming!
Then, suddenly overclouding all his features, he growled in a hoarsened rasping voice as he hewed again vigorously at the loaf:
—  For old Mary Ann
She doesn't care a damn.
But, hising up her petticoats...
He crammed his mouth with fry and munched and droned.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Haines si sedette per versare il tè.
– Vi do due zollette a testa, disse. Ma dico, lei, Mulligan, lo fa forte il tè, vero?
Buck Mulligan, tagliando spesse fette dalla pagnotta, disse con una voce da vecchietta smancerosa:
– Quando faccio il tè faccio il tè, come diceva nonna Grogan. E quando faccio acqua faccio acqua.
– Per Giove, questo è tè, disse Haines.
Buck Mulligan continuò a tagliare e a parlare smanceroso.
– Proprio così, Mrs Cahill, dice lei. Perdinci signora, dice Mrs Cahill, Dio vi conceda di non farli nello stesso vaso.
Tese via via a ognuno dei suoi commensali una spessa fetta di pane, impalata sul coltello.
– Questa è gente per il suo libro, Haines, disse con grande serietà. Cinque righe di testo e dieci pagine di nota sul popolo e gli deipesci di Dundrum. Stampato appo le Fatali Sorelle nell’anno del gran vento.
Si voltò verso Stephen e domandò con tornita inflessione dubitativa, alzando i sopraccigli:
– Ti sovviene, fratello, che il vaso del tè e dell’acqua di nonna Grogan si trovi menzionato nel Mabinogion ovvero nelle Upanishad?
– Ho i miei dubbi, disse gravemente Stephen.
– Davvero? disse nello stesso tono Buck Mulligan. E le tue ragioni, di grazia?
– Immagino, disse Stephen mangiando, che non sia mai esistito né dentro né fuori del Mabinogion. Nonna Grogan era, si suppone, consanguinea di Mary Ann.
Il viso di Buck Mulligan sorrise di piacere.
– Incantevole, disse con voce preziosa, mostrando i denti bianchi e strizzando amabilmente gli occhi. Credi proprio? Incantevole davvero.
Poi, rannuvolando d’un tratto tutta la faccia, grugnì con voce roca e rasposa mentre tornava ad affettare vigorosamente la pagnotta:
– Perché la vecchia Mary Ann
Non gliene frega niente.
Ma, alzando le gonnelle…
Si riempì la bocca di fritto e masticò e mugolò.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Haines si mise a sedere per versare il tè.
– Ecco due zollette per uno, disse. Ma, insomma, Mulligan, lei il tè lo fa forte, vero?
Buck Mulligan, tagliando grosse fette di pane disse con una voce blanda da vecchia signora:
– Se faccio il tè faccio il tè, come dice mamma Grogan. E se faccio l’acqua faccio l’acqua.
– Per Giove, questo sì che è tè, disse Haines.
Buck Mulligan continuava a tagliare e a blandire:
– Io faccio così, Mrs Cahill, dice lei. Diamine, risponde Mrs Cahill, voglia Dio che non usiate lo stesso vaso.
Passò ad ognuno dei commensali una spessa fetta di pane, infilzandola col suo coltello.
– Questa è la gente, disse mostrando grande serietà, che le serve per il suo libro, Haines. Cinque righe di testo e dieci pagine di note sulla gente e le divinità in forma di pesci di Dundrum. Stampato dalle sorelle fatali nell’anno del grande vento.
Si voltò verso Stephen e chiese con voce fine e incerta, inarcando le sopracciglia:
– Per caso ti ricordi, fratello, se è nel Mabinogion o nelle Upanishad che si parla del tè e dell’acqua di mamma Grogan?
– Ne dubito, disse Stephen con serietà.
– Come sarebbe a dire? chiese Buck Mulligan con lo stesso tono. Per qual motivo, di grazia?
– Immagino, disse Stephen mentre mangiava, che non compaia né all’interno né all’esterno del Mabinogion. Mamma Grogan era, si crede, una congiunta di Mary Ann.
Il volto di Buck Mulligan sorrise appagato.
– Delizioso, disse con voce pedante e melliflua, mostrando i denti bianchi e ammiccando amabilmente con gli occhi. Davvero? Proprio delizioso.
Poi all’improvviso, rannuvolando del tutto il proprio aspetto, rombò con voce roca e stridula, mentre aveva ripreso a tagliare vigorosamente il filone:
– Infatti la vecchia Marianna
Per nulla si affanna.
Ma alzando la sottoveste...
Riempiendosi la bocca dei fritti della colazione, ruminava e borbottava.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
Haines si sedette a versare il tè.
– Vi dò due zollette a testa, fece. Ma accipicchia, Mulligan, il tè lo fate forte, voialtri! O no?
Tagliando la pagnotta a grosse fette, Buck rispose con voce da vecchina piena di smorfie:
– Come diceva Mamma Grogan, se faccio il tè faccio il tè, e se faccio acqua faccio acqua.
– Per Giove! Questo è tè di sicuro, fece Haines.
Buck Mulligan continuò a tagliare il pane e far smorfie:
– Io faccio cosí, cara la mia signora Cahill, diceva Mamma Grogan. Perbacco, cara signora, diceva la signora Cahill, che Dio le conceda di non far mai le due cose nello stesso vaso.
Allungò verso i suoi commensali, a turno, una grossa fetta di pane impalata in cima al coltello; e disse in tutta serietà:
– Ecco qua le voci del popolo, per il suo libro, Haines. Cinque righe di testo e dieci pagine di note su Dundrum, i suoi abitatori e le sue divinità pesciformi. Stampato dalle sorelle del diavolo zoppo nell’anno del grande vento.
Si volse verso Stephen e gli chiese con un fine tono di curiosità, alzando le sopracciglia:
– Fratello, ti ricordi mica se il vaso da notte e la teiera di Mamma Grogan son menzionati nel libro del Mabinogion o nelle Upanishad?
– No, non credo, rispose Stephen con gravità.
– Oh, ma davvero? fece Buck Mulligan sullo stesso tono. E la ragione, prego?
– Temo, disse Stephen continuando a mangiare, che tale teiera non sia esistita nel Mabinogion né altrove. Si pensa che Mamma Grogan fosse parente della Marianna che la faceva su una scranna.
Buck Mulligan ebbe un sorriso di contentezza.
– Affascinante! disse con voce affettata e mielosa, mostrando la bianca sfilza di denti e sbattendo le palpebre di gusto. Proprio pensi che sia cosí? Affascinante!
Poi, d’improvviso incupendosi in tutti i tratti, mentre riprendeva a tagliar con vigore altre fette di pane, attaccò a grugnire con voce roca e aspra:
Perché la vecchia Marianna
Non cede mai d’una spanna
E tirandosi su le sottane…
Si riempí la bocca di frittata, masticando e mugolando.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Di seguito una foto della Dun Emer Press, con Elizabeth Yeats (sorella di William Butler Yeats) alla pressa:
Dun Emer Press (fonte: Joyce Project)

Infine la foto del colophon del libro "I sette boschi / The seven woods" di Yeats, a cui si riferisce Buck Mulligan:
Colophon "The seven Woods" Yeats (fonte Joyce Project)

lunedì 13 gennaio 2020

#19 Il servo

Il chierichetto di A. Solomon - 1842
Il sole splende, ma la visione del bacile di schiuma per radersi, dimenticato da Mulligan sul parapetto della torre, riporta nella mente di Dedalus altri ricordi, altri pensieri, altre nuvole...

Per guardare questo video su youtube, clicca qui sotto:
https://youtu.be/MP3X8y7UUsc

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
Warm sunshine merrying over the sea. The nickel shaving-bowl shone, forgotten, on the parapet. Why should I bring it down? Or leave it there all day, forgotten friendship?
He went over to it, held it in his hands awhile, feeling its coolness, smelling the clammy slaver of the lather in which the brush was stuck. So I carried the boat of incense then at Clongowes. I am another now and yet the same. A servant too. A server of a servant.
In the gloomy domed livingroom of the tower Buck Mulligan’s gowned form moved briskly about the hearth to and fro, hiding and revealing its yellow glow. Two shafts of soft daylight fell across the nagged floor from the high barbicans: and at the meeting of their rays a cloud of coalsmoke and fumes of fried grease floated, turning.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Calda solarità in festa sul mare. Il bacile di nichel brillava, dimenticato, sul parapetto. E perché dovrei portarlo giù? Oppure lasciarlo là tutto il giorno, amicizia dimenticata?
Si avvicinò, lo tenne un po’ tra le mani, sentendone il fresco, annusando la bava collosa della schiuma in cui stava impegolato il pennello. Così reggevo il bossolo dell’incenso in quel tempo a Clongowes. Ora sono un altro eppure sempre lo stesso. Sempre un servo. Il servitore di un servo.
Nel fosco tinello a cupola della torre la sagoma di Buck Mulligan in vestaglia andava e veniva arzilla al focolare, nascondendone e scoprendone il giallo barbaglio. Due fasci di morbida luce mattutina piombavano dagli alti barbacani sul pavimento lastricato: all’incrocio dei loro raggi una nuvola di fumo di carbone e vapori di grasso fritto aleggiavano, mulinando.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Calda luce del sole festante sul mare. Brillava la ciotola da barba di nickel, dimenticata, sul parapetto. Perché mai dovrei portarla di sotto? Oppure lasciarla tutto il giorno lì, amicizia dimenticata?
Le andò incontro, la prese con tutte e due le mani, percependone il freddo, e annusando la viscida vischiosità della schiuma che ospitava il pennello piantato. Allora la portavo così la navicella portaincenso a Clongowes. Ora sono un altro eppure lo stesso. Un servitore. Un servo d’una serva.
Nell’oscuro soggiorno a cupola della torre, la sagoma in vestaglia di Buck Mulligan si muoveva spedita intorno al focolare avanti e indietro, celando e rivelando il suo bagliore giallo. Due strali di dolce luce del giorno si scontrarono sul pavimento lastricato, passando attraverso gli alti barbacani: all’incrocio dei loro raggi fluttuavano contorcendosi una nube di fumo da carbone ed esalazioni di grasso fritto.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
Sole caldo in festa sul mare. La tazza di nichel per la rasatura brillava, dimenticata sul parapetto. Perché dovrei portarla da basso? O lasciarla lí tutto il giorno, dimenticata amicizia?
Tornò indietro, la prese in mano per un attimo, sentendo la sua frescura, odorando la bava collosa della schiuma ove era piantato il pennello. Cosí un tempo portai il bossolo dell’incenso a Clongowes. Ora sono un altro e tuttavia lo stesso. Ancora un servitore. Il servitore d’un servitore.
Nell’oscura sala comune della torre, a forma di cupola, la sagoma investagliata di Buck Mulligan si dava da fare con mosse leste, avanti e indietro innanzi al caminetto, coprendo e scoprendo il giallo barbaglio del fuoco. Due fasci di morbida luce solare scendevano dagli alti contrafforti sul pavimento piastrellato; e là dove i loro raggi si riunivano, frullavano nell’aria i fumi del carbone e i vapori del grasso fritto, in una nube vorticante.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Di seguito una foto dell'interno della torre di Sandycove, dove si possono vedere i barbacani, ovvero le feritoie, le fessure, da dove si infiltrano i raggi del sole, come descritto in questo brano dell'Ulisse.

interno torre di Sandycove
(foto estratta da Joyce Project)

domenica 1 dicembre 2019

#18 Madre iena

The Nightmare - Henry Fuseli 1781
Siamo sicuri che sia semplicemente il dolore per la morte della madre ad ossessionare Dedalus o piuttosto è invece l'analisi speculativa su questo dolore? Nella sua mente la madre è un fantasma inquieto o un demone affamato?

Per guardare questo video su youtube, clicca qui sotto:
https://youtu.be/XF65VSqTwYg

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
In a dream, silently, she had come to him, her wasted body within its loose graveclothes giving off an odour of wax and rosewood, her breath, bent over him with mute secret words, a faint odour of wetted ashes.
Her glazing eyes, staring out of death, to shake and bend my soul. On me alone. The ghostcandle to light her agony. Ghostly light on the tortured face. Her hoarse loud breath rattling in horror, while all prayed on their knees. Her eyes on me to strike me down. Liliata rutilantium te confessorum turma circumdet: iubilantium te virginum chorus excipiat.
Ghoul! Chewer of corpses!
No, mother. Let me be and let me live.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
In un sogno, silenziosamente, era venuta a lui, il corpo consumato nel molle sudario spandeva un sentore di cera e di legno di rosa, l’alito, china su di lui con mute segrete parole, un lieve odore di ceneri bagnate.
I suoi occhi invetrati, fissi da oltre la morte, per scuotere e piegare la mia anima. Su me solo. La candela fantasma a illuminare la sua agonia. Luce spettrale sul viso tormentato. Il forte respiro rauco rantolante d’orrore, mentre tutti pregavano in ginocchio. I suoi occhi su di me per abbattermi. Liliata rutilantium te confessorum turma circumdet: iubilantium te virginum chorus excipiat.
Lemure! Masticatore di cadaveri!
No, mamma! Lasciami stare e lasciami vivere.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Gli era giunta in sogno, silenziosa, il corpo magro e spossato nell’ampia veste funebre esalava un odore di cera e legno di rosa, il respiro si chinava su di lui con parole mute e segrete, un odore lieve di ceneri bagnate.
I suoi occhi di vetro a scrutare dalla morte, per scuotere e piegare la mia anima. Su di me solo. La candela spettrale a illuminarne l’agonia. Luce spettrale sul viso tormentato. Il respiro rauco e forte rantolante nell’orrore, e tutti pregavano in ginocchio. I suoi occhi su di me per farmi crollare. Liliata rutilantium te confessorum turma circumdet: iubilantium te virginum chorus excipiat.
Demone! Masticacadaveri.
No, madre. Lasciami stare e lasciami vivere.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
In sogno, silenziosa, era venuta a lui, il corpo consunto nel fluttuante sudario, esalando un odor di cera e legno di rosa; e l’alito mentre era china su di lui, con mute parole segrete, un fievole sentore di ceneri bagnate.
Lei e i suoi occhi vitrei, che mi lanciavano sguardi dalla morte, per scuotermi e piegare la mia anima. Puntati solo su di me. Quello spettro di candela a far luce sulla sua agonia. Luce spettrale sul viso torturato. L’ultimo suo respiro rauco e rumoroso e rantolante nell’orrore, mentre tutti pregavano in ginocchio. Lei e quei suoi occhi puntati su di me, per farmi crollare a terra. Liliata rutilantium te confessorum turma circumdet: iubilantium te virginum chorus excipiat.
Vampiro! Masticator di cadaveri!
No madre. Lasciami andare e lasciami vivere.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Nel brano ho citato due passi dal primo atto dell'Amleto di Shakespeare che riporto di seguito con le traduzioni di Goffredo Raponi.
Nella scena IV, il fantasma del padre avvicina Amleto per parlargli:
(Ghost beckons Hamlet)
HORATIO:
It beckons you to go away with it,
As if it some impartment did desire
To you alone.
(Lo spettro fa cenno ad Amleto di avvicinarsi
a lui)
ORAZIO: Ecco, vi accenna d’andar con lui,
come a volervi parlare da solo.
Nella scena V, il proposito di Amleto dopo che il fantasma del padre si è congedato da lui:
Now to my word;
It is 'Adieu, adieu! remember me.'
I have sworn 't.
D’ora innanzi la mia parola d’ordine
sia questa: “Addio, ricordati di me!”
L’ho giurato.