mercoledì 26 giugno 2019

#10 Madre mare


"Scienza e Carità" di Picasso
Il mare di Dublino rappresenta una grande dolce madre, ma non altrettanto dolce è l'incontro di Dedalus col rancoroso fantasma della madre morta.

Per guardare questo video su youtube, clicca qui sotto:
https://youtu.be/tEzbaUzhkCA

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
Stephen, an elbow rested on the jagged granite, leaned his palm against his brow and gazed at the fraying edge of his shiny black coat-sleeve. Pain, that was not yet the pain of love, fretted his heart. Silently, in a dream she had come to him after her death, her wasted body within its loose brown graveclothes giving off an odour of wax and rosewood, her breath, that had bent upon him, mute, reproachful, a faint odour of wetted ashes. Across the threadbare cuffedge he saw the sea hailed as a great sweet mother by the wellfed voice beside him. The ring of bay and skyline held a dull green mass of liquid. A bowl of white china had stood beside her deathbed holding the green sluggish bile which she had torn up from her rotting liver by fits of loud groaning vomiting.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Stephen, con un gomito sul granito scabro, appoggiò la fronte a una mano e guardò l’orlo sfilacciato della sua manica nera lustra. Una sofferenza, che non era ancora la sofferenza amorosa, gli rodeva il cuore. Silenziosamente, in un sogno era venuta a lui dopo la morte, il corpo consunto nello sciolto sudario scuro spandeva un sentore di cera e di legno di rosa, l’alito che, muto, rampognante, si era chinato su di lui, un lieve odore di ceneri bagnate. Oltre il polsino sfrangiato egli vedeva il mare che la ben pasciuta voce al suo fianco salutava come grande dolce madre. L’anello della baia e dell’orizzonte conteneva una fosca massa verde di liquido. Presso il suo letto di morte posava un bacile di bianca porcellana contenente la verde bile vischiosa che con accessi di vomito altogemente ella aveva divelto al fegato in putrefazione.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Stephen, un gomito sul granito dentellato, appoggiava il palmo alla fronte e fissava l’estremità consunta di una manica del suo logoro cappotto nero. Una pena, non ancora d’amore, gli tormentava il cuore. Silenziosa, lei era venuta a visitarlo in sogno dopo la morte, il corpo consumato, nella veste funebre ampia e bruna, esalava un odore di cera e legno di rosa, il respiro, chino su di lui, muto, carico di biasimo, un odore lieve di ceneri bagnate. Oltre il polsino liso scorse il mare salutato quale grande dolce madre da quella voce ben nutrita accanto a sé. L’anello della baia e l’orizzonte contenevano una massa liquida color verde opaco. Una scodella di ceramica bianca accanto al letto di lei conteneva la bile verde e melmosa risalita dal suo fegato marcio tra il fragore di fitte di vomito e lamenti.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
Stephen, un gomito sullo scabro granito, il palmo poggiato alla fronte, guardava l’orlo sfilacciato della propria manica, nera e lustra. Una pena, che non era ancora la pena amorosa, gli rodeva il cuore. Silenziosa in un sogno, essa era venuta a lui dopo la morte, il corpo consunto nel sudario scuro e svolazzante, emanando un odore di cera e legno di rosa, e un fievole sentore di ceneri bagnate nel suo alito, che s’era posato su di lui a mo’ di muto rimprovero. Ora attraverso un polsino liso Stephen vedeva il mare, che la voce ben pasciuta accanto a lui salutava come la grande dolce madre. La circonferenza della baia e dell’orizzonte avvolgeva una massa liquida d’un verde spento. Accanto al suo letto di morte era stata posta una ciotola di porcellana bianca e questa conteneva la bile verde e vischiosa che lei s’era strappata fuori dal fegato marcescente, a forza di fitte di vomito e alti gemiti.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ho inoltra citato l'evocazione dei morti dall'undicesimo libro dell'Odissea con la traduzione di Rosa Calzecchi Onesti (Einaudi):
E sopraggiunse l'anima della madre mia, morta,
la figlia del magnanimo Autòlico, Antìclea,
che viva lasciavo, andando a Ilio sacra.
Io piansi a vederla e provai pena in cuore
...
della madre l'anima vedo, della mia madre morta;
muta siede vicino al sangue, e il suo figlio
non vuole guardare, né venire a parlargli

venerdì 7 giugno 2019

#9 Mummer Kinch


Il "mummer" di Watteau
Stephen Dedalus è da poco tornato in Irlanda per la morte della madre. Ma Buck Mulligan non esprime affatto parole di conforto per il suo lutto. Al contrario: continua a colpevolizzarlo e sbeffeggiarlo.

Per guardare questo video su youtube, clicca qui sotto:
https://youtu.be/QSvbEQc21iw

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
—Our mighty mother. Buck Mulligan said.
He turned abruptly his great searching eyes from the sea to Stephen’s face.
—The aunt thinks you killed your mother, he said. That’s why she won’t let me have anything to do with you.
—Someone killed her, Stephen said gloomily.
—You could have knelt down, damn it, Kinch, when your dying mother asked you, Buck Mulligan said. I’m hyperborean as much as you. But to think of your mother begging you with her last breath to kneel down and pray for her. And you refused. There is something sinister in you…
He broke off and lathered again lightly his farther cheek. A tolerant smile curled his lips.
—But a lovely mummer, he murmured to himself. Kinch, the loveliest mummer of them all.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
– La nostra madre potente, disse Buck Mulligan.
Volse all’improvviso i penetranti occhi grigi dal mare alla faccia di Stephen.
– Secondo mia zia hai ucciso tua madre, disse. Ecco perché non vuole che ti stia vicino.
– Qualcuno l’ha uccisa, disse Stephen rabbuiato.
– Kinch, maledizione, potevi pure inginocchiarti quando te l’ha chiesto tua madre in punto di morte, disse Buck Mulligan. Sono iperboreo quanto te. Ma se penso a lei che ti implora col suo ultimo respiro di inginocchiarti e pregare. E tu non glielo concedi. C’è qualcosa di funesto in te...
Fece una pausa e ricominciò a insaponarsi con grazia l’altra guancia. Gli arricciava le labbra un sorriso di sufficienza.
– Che amabile mimo, però, mormorò tra sé. Kinch, il più amabile di tutti i mimi.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
– La madre nostra possente! disse Buck Mulligan.
Girò bruscamente i grigi occhi indagatori dal mare al viso di Stephen.
– La zia pensa che tu abbia ucciso tua madre, disse. Per questo non vuole che io abbia a che fare con te.
– Qualcuno l’ha uccisa, disse Stephen con mestizia.
– Ti potevi inginocchiare, Kinch, porca miseria, quando tua madre te l’ha chiesto in punto di morte, disse Buck Mulligan. Sono iperboreo quanto te. Ma pensare a tua madre che con l’ultimo respiro ti supplicava di inginocchiarti a pregare per lei. E tu hai rifiutato. C’è qualcosa di sinistro in te.
S’interruppe e si rifece una leggera insaponata sull’altra guancia. Un sorriso tollerante gli increspò le labbra.
– Ma un meraviglioso mimo! mormorò a se stesso. Kinch, il più meraviglioso dei mimi!
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– La nostra possente madre, disse Buck Mulligan.
E d’un tratto volse i grandi occhi indagatori dal mare verso il viso di Stephen.
– Mia zia pensa che hai ucciso tua madre. Per quello non vuole ch’io abbia a che fare con te.
– Qualcuno l’ha uccisa, rispose Stephen cupo.
– Kinch, quando tua madre te l’ha chiesto in punto di morte, Cristo, potevi inginocchiarti, no? fece Buck Mulligan. Io sono un iperboreo quanto te. Ma se penso che tua madre t’ha chiesto d’inginocchiarti a pregare per lei col suo ultimo respiro, e tu non hai voluto… C’è qualcosa di sinistro in te…
S’interruppe e riprese a insaponarsi l’altra guancia. Un sorriso d’indulgenza gli arricciò il labbro.
– Sí ma sei anche un bel pagliaccio, borbottò tra sé. Kinch, il piú bel pagliaccio che ci sia.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Nel brano si citano le parole 'Mighty mother', presenti in questa poesia "The place of rest" dello scrittore irlandese George Russell (1867-1935)
The Place of Rest

Unto the deep the deep heart goes,
It lays its sadness nigh the breast:
Only the Mighty Mother knows
The wounds that quiver unconfessed.

It seeks a deeper silence still;
It folds itself around with peace,
Where thoughts alike of good or ill
In quietness unfostered cease.

It feels in the unwounding vast
For comfort for its hopes and fears:
The Mighty Mother bows at last;
She listens to her children’s tears.

Where the last anguish deepens — there
The fire of beauty smites through pain:
A glory moves amid despair,
The Mother takes her child again.
Infine ho citato il Nietzsche dell'Anticristo (1895), in cui faceva riferimento agli 'iperborei' menzionati da Buck Mulligan:
Guardiamoci in faccia: siamo iperborei. Siamo ben consapevoli della diversità della nostra esistenza. “Né per terra né per mare troverai la strada che conduce agli iperborei”: già Pindaro riconosceva questo di noi. Oltre il nord, oltre il ghiaccio e la morte: la nostra vita, la nostra felicità… Abbiamo scoperto la felicità, conosciamo la via, abbiamo trovato l’uscita per interi millenni di labirinto. Chi altri l’ha trovata? Forse l’uomo moderno? “Non so che fare; sono tutto ciò che non sa che fare”, sospira l’uomo moderno… E’ di questa modernità che c’eravamo ammalati, della putrida quiete, del vile compromesso, di tutta la virtuosa sporcizia del moderno sì e no. Una simile tolleranza e langeur di cuore, che “perdona” tutto perché “comprende” tutto, è scirocco per noi. Meglio vivere in mezzo ai ghiacci che tra le virtù moderne e gli altri venti del sud!…