domenica 11 ottobre 2020

La traduzione di Mario Biondi

Avendo concluso le nostre puntate del Ritratto di Ulisse sul primo episodio (Telemaco) del romanzo di Joyce, ci è sembrato doveroso interpellare l'autore della ultima traduzione edita nel giugno del 2020 da La Nave di Teseo: Mario Biondi. 

Ringraziamo ancora l'autore milanese, che ci ha concesso una lunga, piacevole nonché illuminante conversazione, non solo raccontandoci del suo lavoro di scrittore e traduttore, ma consentendoci anche di entrare nel vivo di questo testo così affascinante.

Di seguito i link per Youtube e Spotify:





martedì 22 settembre 2020

#26 Un tuffo


Tuffatore - Rodcenko 1934 
Mentre Mulligan, fra battute e pettegolezzi, compie il suo virile rituale mattutino del tuffo fra le rocce della baia, Stephen si congeda da lui e Haines per non tornare più alla torre di Sandycove. Così si chiude il primo episodio dell'Ulisse.

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La versione in podcast è disponibile su Spotify qui:
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Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
Two men stood at the verge of the cliff, watching: businessman, boatman.
— She's making for Bullock harbour.
The boatman nodded towards the north of the bay with some disdain.
— There's five fathoms out there, he said. It'll be swept up that way when the tide comes in about one. It's nine days today.
The man that was drowned. A sail veering about the blank bay waiting for a swollen bundle to bob up, roll over to the sun a puffy face, saltwhite. Here I am.
They followed the winding path down to the creek. Buck Mulligan stood on a stone, in shirtsleeves, his unclipped tie rippling over his shoulder. A young man clinging to a spur of rock near him, moved slowly frogwise his green legs in the deep jelly of the water.
— Is the brother with you, Malachi?
— Down in Westmeath. With the Bannons.
— Still there? I got a card from Bannon. Says he found a sweet young thing down there. Photo girl he calls her.
— Snapshot, eh? Brief exposure.
[...]
— Seymour's back in town, the young man said, grasping again his spur of rock. Chucked medicine and going in for the army.
— Ah, go to God! Buck Mulligan said.
— Going over next week to stew. You know that red Carlisle girl, Lily?
— Yes.
— Spooning with him last night on the pier. The father is rotto with money.
— Is she up the pole?
— Better ask Seymour that.
— Seymour a bleeding officer! Buck Mulligan said.
He nodded to himself as he drew off his trousers and stood up, saying tritely:
— Redheaded women buck like goats.
He broke off in alarm, feeling his side under his flapping shirt.
— My twelfth rib is gone, he cried. I'm the Uebermensch. Toothless Kinch and I, the supermen.
He struggled out of his shirt and flung it behind him to where his clothes lay.
[...]
— Give us that key, Kinch, Buck Mulligan said, to keep my chemise flat.
Stephen handed him the key. Buck Mulligan laid it across his heaped clothes.
— And twopence, he said, for a pint. Throw it there.
Stephen threw two pennies on the soft heap. Dressing, undressing. Buck Mulligan erect, with joined hands before him, said solemnly:
— He who stealeth from the poor lendeth to the Lord. Thus spake Zarathustra.
His plump body plunged.
— We'll see you again, Haines said, turning as Stephen walked up the path and smiling at wild Irish.
Horn of a bull, hoof of a horse, smile of a Saxon.
[...]
A voice, sweettoned and sustained, called to him from the sea. Turning the curve he waved his hand. It called again. A sleek brown head, a seal's, far out on the water, round.
Usurper.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Due uomini ritti sull’orlo della scogliera, guardavano intenti: uomo d’affari, barcaiolo.
– È diretta verso Bullock harbour.
Il barcaiolo accennò verso il nord della baia con una certa degnazione.
– Son cinque tese laggiù, disse. Sarà trascinato da quella parte quando salirà la marea verso l’una. Sono nove giorni oggi.
L’uomo che era annegato. Una vela virava nella baia vuota in attesa che un gonfio fagotto venisse a galla, rivoltolasse al sole un volto tumefatto, biancosalino. Eccomi.
Scesero lungo il sentiero serpeggiante fino alla caletta. Buck Mulligan era ritto su un masso, in maniche di camicia, la cravatta senza fermaglio sventolante su una spalla. Un giovanotto aggrappato a uno sprone roccioso vicino a lui muoveva lentamente a guisa di rana le gambe verdi nella fonda gelatina dell’acqua.
– Tuo fratello è con te, Malachi?
– È giù a Westmeath. Coi Bannon.
– Ancora là? Ho avuto una cartolina da Bannon. Dice che ha trovato una piccola dolce pupetta laggiù. Ragazza da foto la chiama lui.
– Istantanea, eh? Posa breve.
[...]
– Seymour è tornato in città, disse il giovane riafferrando il suo sperone di roccia. Ha piantato la medicina e si dà alla carriera militare.
– Oh, va’ con Dio! disse Buck Mulligan.
– Parte la settimana prossima per fare la sgobbata. Conosci quella rossa di Carlisle, Lily?
– Sì.
– Filava con lui ieri sera sul molo. Il padre è fradicio di soldi.
– Si è fatta inguaiare?
– Bisognerebbe domandarlo a Seymour.
– Seymour fottuto ufficiale! disse Buck Mulligan.
Annuì a se stesso mentre si sfilava i pantaloni e, alzandosi in piedi, diceva l’adagio:
– Le rosse di pelo cozzano come capre.
S’interruppe spaventato, palpandosi un fianco sotto la camicia svolazzante.
– La mia dodicesima costola è scomparsa, gridò. Sono l’Übermensch. Kinch lo sdentato e io, i superuomini.
Si districò dalla camicia e se la gettò dietro le spalle dove si ammucchiavano i suoi vestiti.
[...]
– Dacci quella chiave, Kinch, disse Buck Mulligan, per tenere distesa la camicia.
Stephen gli porse la chiave. Buck Mulligan la posò di traverso sul mucchio dei vestiti.
– E due pence, disse, per una pinta. Buttali lì.
Stephen buttò due monete sul soffice mucchio. Vestirsi, svestirsi. Buck Mulligan eretto, con le mani giunte davanti a sé, disse solennemente:
– Chi ruba al povero presta al Signore. Così parlò Zarathustra.
Il suo corpo paffuto si tuffò.
– Ci rivedremo, disse Haines, voltandosi e sorridendo dei pazzi irlandesi mentre Stephen risaliva il sentiero.
Corno del toro, zoccolo del cavallo, sorriso del sassone.
[...]
Una voce, dolcecanora e tenuta, lo chiamò dal mare. Alla svolta egli sventolò la mano. Quella chiamò ancora. Una testa bruna liscia, di foca, al largo sul mare, tonda.
Usurpatore.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Due uomini erano fermi sull’orlo della scogliera, a guardare: uomo d’affari, barcaiolo.
– È diretta a Bullock harbour.
Il barcaiolo indicò col volto il nord della baia mostrando un certo disprezzo.
– È profondo cinque braccia laggiù, disse. Lo porterà in quella direzione al salire della marea, intorno all’una. Oggi sono nove giorni.
L’annegato. Una vela cambiava rotta su e giù per la baia libera in attesa che spuntasse fuori un fagotto rigonfio, a rigirarsi verso il sole con la faccia tumefatta, bianca come il sale. Eccomi.
Seguirono il sentiero ondulato fino all’insenatura. Buck Mulligan immobile su un masso, in maniche di camicia, il cravattino slacciato ondeggiante sulla spalla. Un giovane si aggrappava a uno sperone di roccia vicino a lui, muoveva lentamente come una rana le sue gambe verdi nella profonda acqua gelatinosa.
– È con te tuo fratello, Malachi?
– Sta giù nel Westmeath. Dai Bannon.
– Ancora lì? Ho ricevuto una cartolina da Bannon. Dice che ha trovato una dolce fanciullina, laggiù. La chiama la ragazza della foto.
– Istantanea, eh? Esposizione breve.
[...]
– Seymour è tornato in città, disse il giovane, abbracciando ancora il suo sperone di roccia. Ha mollato medicina e s’è arruolato in esercito.
– Ah, Dio lo accolga, disse Buck Mulligan.
– Ci vado la settimana prossima a sfacchinare. La conosci quella rossa di Carlisle, Lily?
– Sì.
– Stava a limonare con lui ieri sera sul molo. Il padre è rotto di soldi.
– L’ha messa nei guai?
– Meglio chiederlo a Seymour.
– Seymour, stramaledetto soldato, disse Buck Mulligan.
Annuì tra sé e sé nel togliersi i pantaloni e alzandosi in piedi, dicendo banalmente:
– Le donne dai capelli rossi sgroppano come capre.
Si fermò allarmato, tastandosi il fianco sotto la camicia svolazzante.
– La mia dodicesima costola, non c’è più, gridò. Sono l’Übermensch. Kinch senza incisivi ed io, i superuomini.
Si divincolò dalla camicia e la lanciò dietro di sé dove giacevano i suoi vestiti.
[...]
– Dammi la chiave, Kinch, disse Mulligan, per tenere la camicia stesa.
Stephen gli porse la chiave. Mulligan la ripose tra i vestiti ammucchiati.
– E due pence, disse, per una pinta. Lanciali lì.
Stephen lanciò due penny sul soffice cumulo. Vestirsi, svestirsi. Buck Mulligan eretto, con le mani giunte di fronte, disse solennemente:
– Colui che ruba ai poveri presta al Signore. Così parlò Zarathustra.
Il suo corpo pingue si tuffò.
– Arrivederci, disse Haines, voltandosi mentre Stephen camminava lungo il sentiero, e sorridendo alla sregolatezza irlandese.
Corno di un toro, zoccolo di un cavallo, sorriso di un sassone.
[...]
Una voce, dal tono dolce e sostenuto, lo evocava dal mare. Voltando la curva salutò con la mano. Evocò di nuovo. Una testa dai capelli lisci e bruni, da foca, lontano nell’acqua, rotonda.
Usurpatore.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
Due uomini ritti sul bordo della scogliera guardavano; un trafficante, un barcaiolo.
– Va verso Bullock Harbour.
Il barcaiolo accennò col capo verso il nord della baia, in modo un po’ sdegnoso.
– Laggiú c’è una profondità di cinque tese, disse. Quando verso l’una verrà l’alta marea, lo trascinerà da quella parte. Oggi sono nove giorni.
Una vela virava qua e là nella baia vuota, in attesa che affiorasse un fagotto rigonfio, rivoltandosi sotto il sole col viso tumefatto, bianco di sale.
Seguirono il sentiero serpeggiante giú fino alla cala. Buck Mulligan era in piedi su un masso, in maniche di camicia, la cravatta sciolta che gli svolazzava sulla spalla. Vicino a lui, aggrappato a uno spuntone di roccia, un giovanotto agitava lento, con mosse da rana, le gambe verdi immerse nell’acqua fonda e gelatinosa.
– Tuo fratello è da te, Malachi?
– No, giú a Westmeath con i Bannon.
– Ancora là? Ho ricevuto una cartolina da Bannon. Dice che s’è trovato una morosina laggiú. Una bellezza da foto, la chiama lui.
– Da istantanea, no? Esposizione breve.
[...]
– Seymour è tornato, è in città, disse il giovanotto, aggrappandosi di nuovo allo spuntone di roccia. Molla la medicina e s’arruola nell’esercito.
– Oh, vacca boia! fece Buck Mulligan.
– La settimana prossima è già là a sbiellarsi. Sai la rossa di Carlisle, Lily?
– Sí.
– Be’, ieri sera sul molo se lo filava. Suo padre ha i soldi che gli escono dalle orecchie.
– Si è fatta ingolfare?
– Chiedilo a Seymour.
– Seymour che diventa uno stronzo d’ufficiale! esclamò Buck Mulligan.
Annuí alle proprie parole mentre si levava i calzoni, poi alzandosi disse la battuta:
– Le rosse ci dan dentro come capre…
S’interruppe impaurito, tastandosi il fianco sotto la camicia svolazzante.
– Oh! Non ho piú la dodicesima costola! gridò. Sono l’Übermensch! Lo sdentato Kinch e io, siamo i superuomini.
Si divincolò per uscire dalla camicia, buttandola poi dietro di sé, nel mucchio dei suoi panni.
[...]
Stephen si voltò e disse:
– Mulligan, io vado.
– Kinch, lasciaci la chiave, fece Buck Mulligan, serve a tener ferma la mia camicia.
Stephen gli passò la chiave, e Buck Mulligan la mise di traverso sul mucchio dei panni.
– E due pence per una birra, disse. Buttali lí.
Stephen buttò due spiccioli sul soffice mucchio. Vestirsi, svestirsi. In posizione eretta, le mani giunte davanti a sé, Buck Mulligan disse solennemente:
– Chi ruba al povero presta all’Eterno. Cosí parlò Zarathustra.
Il suo corpo grassoccio piombò nell’acqua.
– Ci vediamo piú tardi, disse Haines voltandosi e sorridendo di quei pazzi irlandesi, mentre Stephen risaliva il sentiero.
Attento alle corna di toro, agli zoccoli di cavallo e ai sorrisi d’un sassone.
[...]
Una voce a note dolci e sostenute lo chiamava dal mare. Al tornante salutò con la mano. La voce chiamò di nuovo. Una testa liscia, bruna, testa di foca, al largo sul mare, rotonda.
Usurpatore.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi) 

Come promesso ecco le foto dell'accesso a mare chiamato "The Creek" da dove si tufferà Buck Mulligan. Le foto sono tratte da joyceproject.com



 

domenica 26 luglio 2020

#25 Gli eretici


S. Michele Arcangelo
(Guido Reni 1635)
In un rincorrersi di peregrini pensieri pensieri, arcangeli armati e messe polifoniche, gli eresiarchi tessono trame contro i dogmi della chiesa apostolica romana. Riusciranno gli angeli di Dio a scacciare gli angeli di Lucifero? La minaccia reale è nel vento dell'eresia o nell'immobilità dall'ortodossia?

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Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
The proud potent titles clanged over Stephen's memory the triumph of their brazen bells: et unam sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam: the slow growth and change of rite and dogma like his own rare thoughts, a chemistry of stars. Symbol of the apostles in the mass for pope Marcellus, the voices blended, singing alone loud in affirmation: and behind their chant the vigilant angel of the church militant disarmed and menaced her heresiarchs. A horde of heresies fleeing with mitres awry: Photius and the brood of mockers of whom Mulligan was one, and Arius, warring his life long upon the consubstantiality of the Son with the Father, and Valentine, spurning Christ's terrene body, and the subtle African heresiarch Sabellius who held that the Father was Himself His own Son. Words Mulligan had spoken a moment since in mockery to the stranger. Idle mockery. The void awaits surely all them that weave the wind: a menace, a disarming and a worsting from those embattled angels of the church, Michael's host, who defend her ever in the hour of conflict with their lances and their shields.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Gli alteri, possenti attributi fecero rimbombare nella memoria di Stephen il trionfo delle loro bronzee campane: et unam sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam: il lento evolversi e mutare del rito e del dogma simili ai suoi peregrini pensieri, alchimia di stelle. Simbolo degli apostoli nella messa di papa Marcello, le voci fuse, ciascuna cantando forte nell’asserzione: e dietro il loro cantico l’angelo di scolta della chiesa militante disarmava e minacciava gli eresiarchi. Una torma di eresie in fuga con le mitrie a sghimbescio: Fozio e la genia di schernitori uno dei quali era Mulligan, e Ario, che aveva battagliato tutta la vita sulla consustanzialità del Figlio col Padre, e Valentino, che spregiava il corpo terreno del Cristo, e il sottile eresiarca africano Sabellio che sosteneva che il Padre era Figlio di Se Stesso. Parole che Mulligan aveva detto un minuto prima per canzonatura all’estraneo. Vana canzonatura. Il vuoto incombe certamente su tutti quelli che tessono il vento: minacciati, disarmati e sconfitti dagli angeli della chiesa schierati in battaglia, l’oste armata di Michele, che la difende sempre nell’ora del conflitto, con lance e usberghi.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Quegli appellativi possenti e orgogliosi risuonavano in modo fragoroso nella memoria di Stephen le loro trionfanti campane di bronzo: et unam sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam: la lenta ascesa e il mutamento del rituale e del dogma come i suoi rarefatti pensieri, una chimica di stelle. Simboli di apostoli nella messa per papa Marcello, le voci si unirono, cantando da sole in sonora affermazione: e dietro il loro canto il vigilante angelo della chiesa militante disarmò e minacciò gli eresiarchi. Un’orda di eresie in fuga con le mitrie di traverso: Fozio e il branco degli schernitori, di cui uno era Mulligan, e Ario, che combatté tutta la vita contro la consustanzialità del Figlio e del Padre, e Valentino, che rifiutava sdegnato il corpo terreno di Cristo, e il sottile eresiarca africano Sabellio, il quale sosteneva che il Padre fosse Egli Stesso il Suo proprio Figlio. Parole che Mulligan aveva da poco rivolto allo straniero tanto per ridere. Inutili risate. Il vuoto attende ovviamente chiunque tessa il vento: una minaccia, un disarmare e sconfiggere da parte di quegli angeli della chiesa schierati a battaglia, gli eserciti di Michele, sempre suoi difensori nell’ora del conflitto con le loro lance e i loro scudi.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
A quei possenti e pomposi titoli riecheggiò nella memoria di Stephen il trionfo delle loro bronzee campane: et unam sanctam catholicam et apostolicam ecclesiam: il lento crescere e mutare del rito e del dogma, come i suoi peregrini pensieri, un’alchimia di stelle. Simboli di Apostoli nella messa per papa Marcello, voci miste, ciascuna cantando vocianti asserzioni. Dietro il loro cantico, il vigilante angelo della chiesa militante disarmava e minacciava eresiarchi. Un’orda d’eresie in fuga, con le mitrie a sghimbescio: Fozio e la genía dei burlatori, tra cui Mulligan e Ario in guerra perpetua contro la consustanzialità del Figlio col Padre, e Valentino sdegnoso a sentir dire del corpo terreno di Cristo, e il sottile eresiarca africano Sabellio convinto che il Padre fosse egli stesso il proprio Figlio. Parole dette da Mulligan un momento prima, per canzonar lo straniero. Canzonatura vana. Certo, il vuoto attende quelli che tessono vento: minacciati, disarmati e sconfitti da questi angeli della chiesa in ordine di battaglia, la coorte di Michele, che sempre nell’ora del conflitto la difende con lance e scudi.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ecco a confronto il credo apostolico e quello niceno:
(Credo apostolico)
Io credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore,
il quale fu concepito da Spirito Santo, nacque da Maria Vergine,
patì sotto Ponzio Pilato, fu crocifisso, morì e fu sepolto;
discese agli inferi; il terzo giorno risuscitò da morte;
salì al cielo, siede alla destra di Dio, Padre onnipotente:
di là verrà a giudicare i vivi e i morti.
Credo nello Spirito Santo,
la santa Chiesa cattolica, la Comunione dei Santi,
la remissione dei peccati,
la risurrezione della carne,
la vita eterna. Amen.
(Credo niceno-costantinopoliano)
Credo in un solo Dio,
Padre onnipotente,
Creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore, Gesù
Cristo,
unigenito Figlio di Dio,
nato dal Padre
prima di tutti i secoli:
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero
da Dio vero, generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre;
per mezzo di lui tutte le cose sono
state create.
Per noi uomini e per la nostra
salvezza discese dal cielo,
e per opera dello Spirito Santo si è
incarnato nel seno della Vergine
Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio
Pilato, mori e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato,
secondo le Scritture, è salito al cielo,
siede alla destra del Padre.
E di nuovo verrà, nella gloria, per
giudicare i vivi e i morti, e il suo
regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo,
che è Signore e dà la vita, e procede
dal Padre e dal Figlio. Con il Padre
e il Figlio è adorato e glorificato, e
ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa, una santa
cattolica e apostolica.
Professo un solo Battesimo per il
perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti
e la vita del mondo che verrà.
Amen. 
Dalla Divina Commedia di Dante è stato citato il 7° canto dell'Inferno:
«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,
cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,

disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch’elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia».

Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia,
e disse: «Taci, maladetto lupo!
consuma dentro te con la tua rabbia.

Non è sanza cagion l’andare al cupo:
vuolsi ne l’alto, là dove Michele
fé la vendetta del superbo strupo».
E il 4° canto del Paradiso:
Così parlar conviensi al vostro ingegno,
però che solo da sensato apprende
ciò che fa poscia d’intelletto degno.

Per questo la Scrittura condescende
a vostra facultate, e piedi e mano
attribuisce a Dio, e altro intende;

e Santa Chiesa con aspetto umano
Gabriel e Michel vi rappresenta,
e l’altro che Tobia rifece sano.  
E infine è stata citata l'Apocalisse (12:7-9):
Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo. Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli.

venerdì 12 giugno 2020

Ritratto di Ulisse al Bloomsday 2020 di Trieste

Riproponiamo la diretta live dell'incontro con i professori Sara Sullam e Enrico Terrinoni, gentilmente ospitati da Riccardo Cepach, per il Bloomsday triestino del 16 giugno 2020, a parlare del 14° episodio: Oxen of the sun.

Questi i link della rassegna che si trasmessi in diretta facebook:

http://museojoycetrieste.it/bloomsday-2020/

https://www.facebook.com/MuseoSvevoJoyce

Il testo che abbiamo commentato è stato "An Irish bull in an English chinashop".

Di seguito i link per vedere l'incontro su Youtube o ascoltarlo su Spotify:





mercoledì 3 giugno 2020

#24 Servo di tre padroni


Arlequin (Cézanne 1888)
Il percorso di emancipazione ed esilio volontario di Stephen Dedalus, lo ha riportato fra le reti della Dublino che lo opprimeva, lo ha reso nuovamente servo dei padroni che non voleva più servire. Forse il suo viaggio di liberazione prevede un passaggio iniziatico dall'assoggettamento? O forse il viaggio è stato semplicemente abortito?

Per guardare questo e gli altri video su Youtube, clicca qui sotto:
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Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
— [...] Either you believe or you don't, isn't it? Personally I couldn't stomach that idea of a personal God. You don't stand for that, I suppose?
— You behold in me, Stephen said with grim displeasure, a horrible example of free thought.
He walked on, waiting to be spoken to, trailing his ashplant by his side. Its ferrule followed lightly on the path, squealing at his heels. My familiar, after me, calling, Steeeeeeeeeeeephen! A wavering line along the path. They will walk on it tonight, coming here in the dark. He wants that key. It is mine. I paid the rent. Now I eat his salt bread. Give him the key too. All. He will ask for it. That was in his eyes.
— After all, Haines began...
Stephen turned and saw that the cold gaze which had measured him was not all unkind.
— After all, I should think you are able to free yourself. You are your own master, it seems to me.
— I am the servant of two masters, Stephen said, an English and an Italian.
— Italian? Haines said.
A crazy queen, old and jealous. Kneel down before me.
— And a third, Stephen said, there is who wants me for odd jobs.
— Italian? Haines said again. What do you mean?
— The imperial British state, Stephen answered, his colour rising, and the holy Roman catholic and apostolic church.
Haines detached from his underlip some fibres of tobacco before he spoke.
— I can quite understand that, he said calmly. An Irishman must think like that, I daresay. We feel in England that we have treated you rather unfairly. It seems history is to blame.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
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Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
– [...] O si crede o non si crede, vero? Personalmente non potrei mandare giù quell’idea di un Dio personale. Lei non l’accetta, immagino.
– Lei contempla in me, disse Stephen con un ostico disgusto, un orribile esempio di libero pensiero.
Seguitò a camminare, aspettando che gli si rivolgesse la parola e trascinandosi dietro il bastone. Il puntale lo seguiva leggermente sul sentiero squittendogli alle calcagna. Il mio spirito familiare, dietro di me, che chiama Steeeeeeeephen. Una linea ondulata lungo il sentiero. Ci cammineranno sopra stasera, venendo qui al buio. Vuole quella chiave. È mia, ho pagato io l’affitto. E ora mangio il suo pane che sa di sale. Dagli anche la chiave. Tutto. La chiederà. Questo era nei suoi occhi.
– Dopo tutto, cominciò Haines…
Stephen si voltò e vide che il freddo sguardo che lo aveva misurato non era del tutto malevolo.
– Dopo tutto, direi che si è sempre in grado di liberarsi. Si è padroni di se stessi, mi pare.
– Sono servo di due padroni, disse Stephen, un inglese e una italiana.
– Italiana? disse Haines.
Una babilonica sovrana vecchia e gelosa. Inginocchiati davanti a me.
– E ce n’è un terzo, disse Stephen, che mi vuole per lavori spiccioli.
– Italiana? ripete Haines. Che vuol dire?
– Il governo imperiale britannico, rispose Stephen, accendendosi in volto, e la santa chiesa cattolica apostolica romana.
Prima di parlare, Haines si staccò dal labbro inferiore qualche filo di tabacco.
– Capisco perfettamente, disse calmo. Un irlandese deve pensarla così, direi. Noi in Inghilterra sentiamo di avervi trattato piuttosto ingiustamente. Parrebbe che la colpa sia della storia.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
– [...] O credi oppure no, ovvio. Personalmente non mi va giù l’idea di un Dio personale. Nemmeno lei è d’accordo, suppongo?
– Lei vede in me, disse Stephen con mesto disappunto, un orribile esempio di libero pensiero.
Proseguì, attendendo che gli si parlasse, strascinando al fianco il bastone di frassino. Il suo puntale seguiva leggero sul sentiero, stridendo alle calcagna. Il mio demone familiare, dietro di me, che chiama Steeeeeeeeeeeephen. Una linea vacillante lungo il sentiero. Lo calpesteranno stanotte, loro, tornando qui nell’oscurità. Vuole quella chiave. È mia, l’ho pagato io l’affitto. Ora mangio il suo pane che sa di sale. Dàgli anche la chiave. Tutto. Te la chiederà. Ce l’aveva scritto negli occhi.
– Dopo tutto, cominciò Haines...
Stephen si voltò e scorse lo sguardo freddo non del tutto cattivo che aveva preso le sue misure.
– Dopo tutto, devo immaginare che lei sia in grado di liberarsene. È lei il padrone di se stesso, mi sembra.
– Io sono il servitore di due padroni, disse Stephen, uno inglese ed uno italiano.
– Italiano? disse Haines.
Una regina pazza, vecchia e gelosa. Inginocchiati di fronte a me.
– E ce n’è un terzo, disse Stephen, che mi vuole per ogni tipo di lavoretti occasionali.
– Italiano? disse ancora Haines. Che cosa intende?
– Lo stato imperiale britannico, rispose Stephen, col colorito che si accendeva, e la santa Chiesa cattolica e apostolica romana.
Haines ripulì il labbro inferiore da alcuni fili di tabacco prima di parlare.
– Mi sembra di capire, disse calmo. Un irlandese deve vederla così, oserei dire. A noi pare, in Inghilterra, di avervi trattato piuttosto ingiustamente. Colpa della storia, apparentemente.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– [...]Uno crede o non crede, no? Personalmente io non riesco a mandar giú l’idea di un Dio personale. Ma non è la sua idea, immagino.
– Lei vede in me, disse Stephen con cupo malumore, un orrendo esempio di libero pensiero.
Continuò a camminare, aspettando una replica, trascinandosi il bastone al fianco. Il puntale lo seguiva lieve sul sentiero, stridendo alle sue spalle. Spiritello che mi segui chiamando: Steeeeeeeeeephen. Linea ondeggiante sul sentiero. Stanotte la pesteranno, tornando per di qui nel buio. Vuole la chiave. È mia, ho pagato l’affitto. Ora sento come sa di sale lo pane altrui.
Dàgli anche la chiave. Tutto. Te la chiederà. Era nei suoi occhi.
– Insomma, iniziò Haines…
Voltandosi Stephen vide che il freddo sguardo che l’aveva squadrato non era poi del tutto antipatico.
– Insomma, direi che lei sia in grado di liberarsi. Lei è padrone di se stesso, mi pare.
– Io sono il servo di due padroni, disse Stephen, uno inglese e uno italiano.
– Italiano? chiese Haines.
Una regina picchiata in testa, vecchia e gelosa. Inginòcchiati davanti a me.
– E ce n’è un terzo, disse Stephen, che mi cerca per i lavoretti occasionali.
– Italiano? ripeté Haines. Cosa intende?
– Lo Stato Imperiale Britannico, rispose Stephen, colorandosi in viso, e la Santa Chiesa Cattolica e Apostolica Romana.
Prima di parlare, Haines si tolse dal labbro inferiore poche briciole di tabacco.
– Capisco, fece con tutta calma. Un irlandese deve pensarla cosí, oserei dire. In Inghilterra ci rendiamo conto d’avervi trattati in modo alquanto ingiusto. Colpa della Storia, pare.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Dalla Divina Commedia di Dante è stato citato il 17° canto del Paradiso:
Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.
E il 27° canto del Purgatorio:
Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:  
per ch’io te sovra te corono e mitrio»
Sono state fatte alcune citazioni dal quinto capitolo del Ritratto dell'artista da giovane:
«I miei antenati rinnegarono la loro lingua e ne presero un’altra», disse Stephen. «Permisero a un pugno di stranieri di sottometterli. Ti immagini che io intenda pagare con la mia vita e con la mia persona debiti fatti da loro? E per che cosa?»
«Per la nostra libertà», disse Davin.
«Non esiste un solo uomo d’onore e sincero», disse Stephen, «che sacrificandovi vita, gioventù e affetti, dai giorni di Tone a quelli di Parnell, voi non abbiate venduto al nemico o abbandonato nel bisogno o insultato e lasciato per un altro. E mi inviti a essere uno dei vostri. Andate tutti all’inferno, prima.»
«Sono morti per i loro ideali, Stevie», disse Davin. «Pure, il nostro giorno verrà, credimi.»
Stephen, seguendo un suo pensiero, tacque per un istante.
«L’anima dapprima nasce», disse ambiguamente, «in quei momenti di cui ti ho parlato. Ha una nascita lenta e oscura, più misteriosa della nascita del corpo. Quando nasce l’anima di un uomo in questo paese, le vengono gettate reti per impedirle di fuggire. Mi parli di nazionalità, di lingua, di religione. Io cercherò di sfuggire a quelle reti.»
Davin scosse la cenere dalla pipa.
«È troppo profondo per me, Stevie», disse. «Ma la patria viene prima. Prima lIrlanda, Stevie. Poi potrai essere poeta o mistico.»
«Sai cos’è l'Irlanda?», chiese Stephen con fredda violenza. «L’Irlanda è la vecchia scrofa che si mangia la sua figliata.» 
Questo è il riferimento dal vangelo di Matteo (6:24)
"Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona."
Infine ecco la statua di Joyce col suo bastone (ashplant) in Talbot Street a Dublino