mercoledì 3 giugno 2020

#24 Servo di tre padroni


Arlequin (Cézanne 1888)
Il percorso di emancipazione ed esilio volontario di Stephen Dedalus, lo ha riportato fra le reti della Dublino che lo opprimeva, lo ha reso nuovamente servo dei padroni che non voleva più servire. Forse il suo viaggio di liberazione prevede un passaggio iniziatico dall'assoggettamento? O forse il viaggio è stato semplicemente abortito?

Per guardare questo e gli altri video su Youtube, clicca qui sotto:
https://www.youtube.com/playlist?list=PLJBcZmWWmlya9nyJ_RDBq3WOnW6twdmYo

La versione in podcast è disponibile su Spotify qui:
https://open.spotify.com/show/05nniQWDcnUfLNkUJ9LXWR?si=U2cFdX26S0etdDljPP2zGQ

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
— [...] Either you believe or you don't, isn't it? Personally I couldn't stomach that idea of a personal God. You don't stand for that, I suppose?
— You behold in me, Stephen said with grim displeasure, a horrible example of free thought.
He walked on, waiting to be spoken to, trailing his ashplant by his side. Its ferrule followed lightly on the path, squealing at his heels. My familiar, after me, calling, Steeeeeeeeeeeephen! A wavering line along the path. They will walk on it tonight, coming here in the dark. He wants that key. It is mine. I paid the rent. Now I eat his salt bread. Give him the key too. All. He will ask for it. That was in his eyes.
— After all, Haines began...
Stephen turned and saw that the cold gaze which had measured him was not all unkind.
— After all, I should think you are able to free yourself. You are your own master, it seems to me.
— I am the servant of two masters, Stephen said, an English and an Italian.
— Italian? Haines said.
A crazy queen, old and jealous. Kneel down before me.
— And a third, Stephen said, there is who wants me for odd jobs.
— Italian? Haines said again. What do you mean?
— The imperial British state, Stephen answered, his colour rising, and the holy Roman catholic and apostolic church.
Haines detached from his underlip some fibres of tobacco before he spoke.
— I can quite understand that, he said calmly. An Irishman must think like that, I daresay. We feel in England that we have treated you rather unfairly. It seems history is to blame.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
– [...] O si crede o non si crede, vero? Personalmente non potrei mandare giù quell’idea di un Dio personale. Lei non l’accetta, immagino.
– Lei contempla in me, disse Stephen con un ostico disgusto, un orribile esempio di libero pensiero.
Seguitò a camminare, aspettando che gli si rivolgesse la parola e trascinandosi dietro il bastone. Il puntale lo seguiva leggermente sul sentiero squittendogli alle calcagna. Il mio spirito familiare, dietro di me, che chiama Steeeeeeeephen. Una linea ondulata lungo il sentiero. Ci cammineranno sopra stasera, venendo qui al buio. Vuole quella chiave. È mia, ho pagato io l’affitto. E ora mangio il suo pane che sa di sale. Dagli anche la chiave. Tutto. La chiederà. Questo era nei suoi occhi.
– Dopo tutto, cominciò Haines…
Stephen si voltò e vide che il freddo sguardo che lo aveva misurato non era del tutto malevolo.
– Dopo tutto, direi che si è sempre in grado di liberarsi. Si è padroni di se stessi, mi pare.
– Sono servo di due padroni, disse Stephen, un inglese e una italiana.
– Italiana? disse Haines.
Una babilonica sovrana vecchia e gelosa. Inginocchiati davanti a me.
– E ce n’è un terzo, disse Stephen, che mi vuole per lavori spiccioli.
– Italiana? ripete Haines. Che vuol dire?
– Il governo imperiale britannico, rispose Stephen, accendendosi in volto, e la santa chiesa cattolica apostolica romana.
Prima di parlare, Haines si staccò dal labbro inferiore qualche filo di tabacco.
– Capisco perfettamente, disse calmo. Un irlandese deve pensarla così, direi. Noi in Inghilterra sentiamo di avervi trattato piuttosto ingiustamente. Parrebbe che la colpa sia della storia.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
– [...] O credi oppure no, ovvio. Personalmente non mi va giù l’idea di un Dio personale. Nemmeno lei è d’accordo, suppongo?
– Lei vede in me, disse Stephen con mesto disappunto, un orribile esempio di libero pensiero.
Proseguì, attendendo che gli si parlasse, strascinando al fianco il bastone di frassino. Il suo puntale seguiva leggero sul sentiero, stridendo alle calcagna. Il mio demone familiare, dietro di me, che chiama Steeeeeeeeeeeephen. Una linea vacillante lungo il sentiero. Lo calpesteranno stanotte, loro, tornando qui nell’oscurità. Vuole quella chiave. È mia, l’ho pagato io l’affitto. Ora mangio il suo pane che sa di sale. Dàgli anche la chiave. Tutto. Te la chiederà. Ce l’aveva scritto negli occhi.
– Dopo tutto, cominciò Haines...
Stephen si voltò e scorse lo sguardo freddo non del tutto cattivo che aveva preso le sue misure.
– Dopo tutto, devo immaginare che lei sia in grado di liberarsene. È lei il padrone di se stesso, mi sembra.
– Io sono il servitore di due padroni, disse Stephen, uno inglese ed uno italiano.
– Italiano? disse Haines.
Una regina pazza, vecchia e gelosa. Inginocchiati di fronte a me.
– E ce n’è un terzo, disse Stephen, che mi vuole per ogni tipo di lavoretti occasionali.
– Italiano? disse ancora Haines. Che cosa intende?
– Lo stato imperiale britannico, rispose Stephen, col colorito che si accendeva, e la santa Chiesa cattolica e apostolica romana.
Haines ripulì il labbro inferiore da alcuni fili di tabacco prima di parlare.
– Mi sembra di capire, disse calmo. Un irlandese deve vederla così, oserei dire. A noi pare, in Inghilterra, di avervi trattato piuttosto ingiustamente. Colpa della storia, apparentemente.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– [...]Uno crede o non crede, no? Personalmente io non riesco a mandar giú l’idea di un Dio personale. Ma non è la sua idea, immagino.
– Lei vede in me, disse Stephen con cupo malumore, un orrendo esempio di libero pensiero.
Continuò a camminare, aspettando una replica, trascinandosi il bastone al fianco. Il puntale lo seguiva lieve sul sentiero, stridendo alle sue spalle. Spiritello che mi segui chiamando: Steeeeeeeeeephen. Linea ondeggiante sul sentiero. Stanotte la pesteranno, tornando per di qui nel buio. Vuole la chiave. È mia, ho pagato l’affitto. Ora sento come sa di sale lo pane altrui.
Dàgli anche la chiave. Tutto. Te la chiederà. Era nei suoi occhi.
– Insomma, iniziò Haines…
Voltandosi Stephen vide che il freddo sguardo che l’aveva squadrato non era poi del tutto antipatico.
– Insomma, direi che lei sia in grado di liberarsi. Lei è padrone di se stesso, mi pare.
– Io sono il servo di due padroni, disse Stephen, uno inglese e uno italiano.
– Italiano? chiese Haines.
Una regina picchiata in testa, vecchia e gelosa. Inginòcchiati davanti a me.
– E ce n’è un terzo, disse Stephen, che mi cerca per i lavoretti occasionali.
– Italiano? ripeté Haines. Cosa intende?
– Lo Stato Imperiale Britannico, rispose Stephen, colorandosi in viso, e la Santa Chiesa Cattolica e Apostolica Romana.
Prima di parlare, Haines si tolse dal labbro inferiore poche briciole di tabacco.
– Capisco, fece con tutta calma. Un irlandese deve pensarla cosí, oserei dire. In Inghilterra ci rendiamo conto d’avervi trattati in modo alquanto ingiusto. Colpa della Storia, pare.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Dalla Divina Commedia di Dante è stato citato il 17° canto del Paradiso:
Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e 'l salir per l'altrui scale.
E il 27° canto del Purgatorio:
Non aspettar mio dir più né mio cenno;
libero, dritto e sano è tuo arbitrio,
e fallo fora non fare a suo senno:  
per ch’io te sovra te corono e mitrio»
Sono state fatte alcune citazioni dal quinto capitolo del Ritratto dell'artista da giovane:
«I miei antenati rinnegarono la loro lingua e ne presero un’altra», disse Stephen. «Permisero a un pugno di stranieri di sottometterli. Ti immagini che io intenda pagare con la mia vita e con la mia persona debiti fatti da loro? E per che cosa?»
«Per la nostra libertà», disse Davin.
«Non esiste un solo uomo d’onore e sincero», disse Stephen, «che sacrificandovi vita, gioventù e affetti, dai giorni di Tone a quelli di Parnell, voi non abbiate venduto al nemico o abbandonato nel bisogno o insultato e lasciato per un altro. E mi inviti a essere uno dei vostri. Andate tutti all’inferno, prima.»
«Sono morti per i loro ideali, Stevie», disse Davin. «Pure, il nostro giorno verrà, credimi.»
Stephen, seguendo un suo pensiero, tacque per un istante.
«L’anima dapprima nasce», disse ambiguamente, «in quei momenti di cui ti ho parlato. Ha una nascita lenta e oscura, più misteriosa della nascita del corpo. Quando nasce l’anima di un uomo in questo paese, le vengono gettate reti per impedirle di fuggire. Mi parli di nazionalità, di lingua, di religione. Io cercherò di sfuggire a quelle reti.»
Davin scosse la cenere dalla pipa.
«È troppo profondo per me, Stevie», disse. «Ma la patria viene prima. Prima lIrlanda, Stevie. Poi potrai essere poeta o mistico.»
«Sai cos’è l'Irlanda?», chiese Stephen con fredda violenza. «L’Irlanda è la vecchia scrofa che si mangia la sua figliata.» 
Questo è il riferimento dal vangelo di Matteo (6:24)
"Nessuno può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro, o preferirà l'uno e disprezzerà l'altro: non potete servire a Dio e a mammona."
Infine ecco la statua di Joyce col suo bastone (ashplant) in Talbot Street a Dublino

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