lunedì 23 settembre 2019

#15 L'ombelico

L'ombelico della Venere di Botticelli
L'ombelico rappresenta non solo il punto centrale dell'universo, ciò che ci tiene attaccati alla vita prima della nascita, ma anche quel legame da cui non abbiamo saputo distaccarci, il limite oltre il quale ancora oggi spesso non riusciamo a guardare.

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https://youtu.be/ErbHnpMLpO8

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
Young shouts of moneyed voices in Clive Kempthorpe’s rooms. Palefaces: they hold their ribs with laughter, one clasping another, O, I shall expire! Break the news to her gently, Aubrey! I shall die! With slit ribbons of his shirt whipping the air he hops and hobbles round the table, with trousers down at heels, chased by Ades of Magdalen with the tailor’s shears. A scared calf’s face gilded with marmalade. I don’t want to be debagged! Don’t you play the giddy ox with me!
Shouts from the open window startling evening in the quadrangle. A deaf gardener, aproned, masked with Matthew Arnold’s face, pushes his mower on the sombre lawn watching narrowly the dancing motes of grasshalms.
To ourselves…new paganism…omphalos.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Giovani urla di voci danarose nella stanza di Clive Kempthorpe. Visipallidi: si tengono la pancia dal ridere, sorreggendosi a vicenda. Oh, c’è da crepare! Recale la notizia con riguardo Aubrey! Qui io muoio! Con la camicia ridotta a fettucce staffilando l’aria saltabecca e brancola intorno al tavolo, i pantaloni calati alle calcagna, rincorso da Ades di Magdalen con le cesoie da sarto. Faccia di vitello sgomento dorata di marmellata d’arance. Non voglio essere messo a culo nudo! Non fate gli stupidi con me!
Dalla finestra aperta gridio che sconcerta la sera nel cortile. Un giardiniere sordo, in grembiule, mascherato con la faccia di Matthew Arnold, spinge la falciatrice nel prato in ombra aguzzando le ciglia verso lo svolio dei fili d’erba.
Per noi… neopaganesimo… omphalos.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Grida giovani di voci da ricchi nelle stanze di Clive Kempthorpe. Visipallidi: si tengono la pancia dalle risate, gli uni aggrappandosi agli altri, Oh, sto per morire! A lei, dillo con tatto, Aubrey! Muoio! Con i brandelli della camicia a batter l’aria, saltella e barcolla intorno al tavolo, i pantaloni calati giù fino alle caviglie, rincorso da Ade di Magdalen con le forbici da sarta. Che faccia da vitello impaurito, indorata di marmellata. Non lasciatemi in mutande! Smettetela di fare gli idioti con me!
Grida dalla finestra aperta ravvivavano le serate nel cortile quadrato. Un giardiniere sordo, il grembiule addosso, il volto la maschera di Matthew Arnold, spinge il tosaerba sul fosco prato e osserva da vicino i fili d’erba danzare.
A noi stessi... nuovo paganesimo... omphalos.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
Grida di giovanetti con voci che sanno di quattrini nella camera di Clive Kempthorpe. Visi pallidi, si tengono i fianchi dal ridere, uno aggrappato all’altro. Oh, c’è da crepare! Aubrey, dàlle la notizia con garbo! Ah, morirò! Con sbrendoli sfilacciàti della camicia che svolano per l’aria, lui balzella e zompica intorno al tavolo, calzoni calati sulle scarpe, e dietro gli Ades del Magdalen College armati di forbicioni da sarto. Viso bovino sgomento indorato di marmellata. Non voglio esser messo a culo nudo! ’Sti giochi da vitelloni rinscemiti andate a farli con un altro!
Dalla finestra aperta, urli fan trasalire la sera nel cortile. Un giardiniere sordo, con grembiule, maschera col volto di Matthew Arnold, spinge la sua falciatrice sul prato in ombra, sbiluciando a fatica i fruscoli dei gambi d’erba che gli ballano innanzi.
Per noi stessi… neopaganesimo… omphalos.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ho citato parte dell'articolo di Joyce su Oscar Wilde apparso in italiano sul Piccolo di Trieste il 24.3.1909:
Qui tocchiamo il centro motore dell’arte di Wilde: il peccato. Si illuse credendosi il portatore della buona novella di un neopaganesimo alle genti travagliate. Mise tutte le sue qualità caratteristiche, le qualità (forse) della sua razza, l’arguzia, l’impulso generoso, l’intelletto asessuale al servizio di una teoria del bello che doveva, secondo lui, riportare l’evo d’oro e la gioia della gioventù del mondo. Ma in fondo in fondo se qualche verità si stacca dalle sue interpretazioni soggettive di Aristotele, dal suo pensiero irrequieto che procede per sofismi e non per sillogismi, dalle sue assimilazioni di altre nature, aliene dalla sua, come quelle del delinquente e dell’umile, è questa verità inerente nell’anima del cattolicesimo: che l’uomo non può arrivare al cuor divino se non attraverso quel senso di separazione e di perdita che si chiama peccato.

lunedì 9 settembre 2019

#14 L'abbraccio

L'abbraccio dei lottatori di Sumo
(Utagawa Kuniteru 19th)
L'attrito, il dispiacere, l'invidia, la sfida, il timore, il fremito, il fastidio: tutto questo nel contatto fra le braccia di Stephen e Buck, nell'urto fra il rasoio e lo specchio.

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https://youtu.be/ky8Xefzt7Ss

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
Buck Mulligan suddenly linked his arm in Stephen's and walked with him round the tower, his razor and mirror clacking in his pocket where he had thrust them.
— It's not fair to tease you like that, Kinch, is it? he said kindly. God knows you have more spirit than any of them.
Parried again. He fears the lancet of my art as I fear that of his. The cold steelpen.
— Cracked lookingglass of a servant! Tell that to the oxy chap downstairs and touch him for a guinea. He's stinking with money and thinks you're not a gentleman. His old fellow made his tin by selling jalap to Zulus or some bloody swindle or other. God, Kinch, if you and I could only work together we might do something for the island. Hellenise it.
Cranly's arm. His arm.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
Improvvisamente Buck Mulligan allacciò il braccio a quello di Stephen e si mise a passeggiare con lui attorno alla torre, il rasoio e lo specchio stridenti nella tasca dove li aveva cacciati.
– Non sta bene tormentarti così, vero Kinch? disse bonariamente. Lo sa Dio che vali più di tutti loro.
Un’altra parata. Teme la lancetta della mia arte come io temo quella della sua. Il freddo acciaio della penna.
– Specchio incrinato di una serva. Diglielo a quel bue del piano di sotto e prova a cavargli una ghinea. Puzza di soldi lontano un miglio e dice che non sei un gentiluomo. Il suo vecchio ha fatto il gruzzolo vendendo scialappa agli Zulù o con qualche altro porco imbroglio del genere. Dio mio, Kinch, basterebbe che io e te lavorassimo insieme, potremmo far qualcosa per la nostra isola. Ellenizzarla.
Il braccio di Cranly. Il suo braccio.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
Buck Mulligan si agganciò subito al braccio di Stephen per camminare con lui intorno alla torre, col rasoio e lo specchio tintinnanti in tasca.
– Non è giusto farsi prendere in giro così, Kinch, non trovi? disse gentile. Dio solo sa quanto ardore hai più di loro.
Altro attacco respinto. Teme il bisturi della mia arte almeno quanto io tema il suo. La fredda penna d’acciaio.
– Specchio incrinato di una serva. Dillo a quel bovino di Oxford al piano di sotto e spillagli una ghinea. Puzza di quattrini, e per lui sei tu a non essere un gentiluomo. Il suo vecchio ha fatto i soldi vendendo gialappa agli zulù o rifilando altri bidoni del genere. Dio, Kinch, se soltanto tu ed io potessimo lavorare insieme, magari faremmo qualcosa per quest’isola. Ellenizzarla.
Il braccio di Cranly. Il suo braccio.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
D’improvviso Buck Mulligan prese Stephen sottobraccio e fece con lui un giro della torre, mentre specchio e rasoio sbatacchiavano nella tasca dove se li era ficcati.
– Non è giusto punzecchiarti cosí, eh, Kinch? disse gentile. Dio sa che hai piú stoffa di tutti.
Di nuovo parato il colpo. Lui teme il bisturi della mia arte come io temo quello della sua. Il freddo acciaio della penna.
– Lo specchio sbrecciato d’una serva. Vallo a dire a quel bove dabbasso e scroccagli una ghinea. Quello puzza di pecunia lontano un miglio e pensa che tu non sei un gentiluomo. Il suo vecchio ha fatto il grano vendendo olio di ricino agli Zulú, o con qualche marcio bindolo del genere. Perdío, Kinch, se avessimo modo di lavorare assieme potremmo far qualcosa per quest’isola. Potremmo ellenizzarla.
Il braccio dell’amico Cranly e qui il braccio di Mulligan.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Sono stati menzionati gli scritti "Cultura e anarchia" del 1869 di Matthew Arnold e il già citato in precedenza Algernon Swinburne.

Inoltre dal "Ritratto dell'artista da giovane" di Joyce (traduz. Capodilista, Newton Compton), è stato citato il seguente passo dalla conversazione fra Dedalus e Cranly:
«Senti un po’, Cranly», disse. «Mi hai chiesto cosa farei e cosa non farei. Ti dirò cosa farò e cosa non farò. Non servirò ciò in cui non credo più, si chiami casa, patria o chiesa: e cercherò di esprimere me stesso in qualche modo di vita o di arte il più liberamente e il più compiutamente possibile, usando a mia difesa le sole armi che mi concedo di usare: il silenzio, l’esilio e l’astuzia.»
Cranly gli afferrò il braccio e lo fece voltare così da riportarlo verso il parco Leeson. Rise quasi sornione e strinse il braccio di Stephen con un affetto da fratello maggiore.
«La tua astuzia!», disse. «Tu? Mio povero poeta!»
«E mi hai fatto confessare», disse Stephen, turbato da quel contatto, «come ti ho già confessato tante altre cose, no?»
«Sì, figlio mio», disse Cranly, ancora allegro.
«Mi hai fatto confessare i miei timori. Ma ti dirò anche cos’è che non temo. Non temo di rimanere solo o di essere respinto per un altro o di lasciare quello che devo lasciare. E non ho paura di commettere un errore, anche un grande errore, un errore che duri tutta la vita e forse pure tutta l’eternità.»
Cranly, tornato serio, rallentò il passo e disse:
«Solo, completamente solo. Non hai paura di questo. Ma sai cosa significa questa parola? Non soltanto essere separato da tutti gli altri, ma non avere neanche un amico».

martedì 13 agosto 2019

#13 Lo specchio - parte II

Ritratto di George Dyer 
allo specchio
 Francis Bacon 1967

Buck Mulligan riferisce insinuazioni sulla salute mentale e fisica di Stephen Dedalus. Ma Stephen sembra essere più che altro interessato alla propria immagine riflessa nello specchio di Buck.

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https://youtu.be/kGZJlOkELQg

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
—I pinched it out of the skivvy’s room, Buck Mulligan said. It does her all right. The aunt always keeps plain-looking servants for Malachi. Lead him not into temptation. And her name is Ursula.
Laughing again, he brought the mirror away from Stephen’s peering eyes.
—The rage of Caliban at not seeing his face in a mirror, he said. If Wilde were only alive to see you.
Drawing back and pointing, Stephen said with bitterness:
—It is a symbol of Irish art. The cracked looking-glass of a servant.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
– L’ho pizzicato nella stanza della sguattera, disse Buck Mulligan. Per lei va benissimo. La zia tiene sempre serve brutte per Malachi. Non lo indurre in tentazione. Si chiama Orsola.
Tornato a ridere sottrasse lo specchio agli occhi scrutatori di Stephen.
– O rabbia di Calibano perché non si vede la faccia in uno specchio, disse. Ci fosse ancora Wilde a vederti!
Tirandosi indietro e puntando il dito, Stephen disse con amarezza:
– È un simbolo dell’arte irlandese. Lo specchio incrinato d’una serva.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
– L’ho sgraffignato dalla camera della sguattera, disse Buck Mulligan. Le sta bene. La zia sceglie sempre servette insignificanti per Malachi. Per non indurlo in tentazione. E si chiama Ursula.
Ridendo di nuovo, tolse lo specchio agli occhi attenti di Stephen.
– La rabbia di Caliban per non riuscire a vedere la propria faccia allo specchio, disse. Se solo fosse vivo Wilde e ti vedesse.
Ritraendosi e puntando il dito, Stephen disse rancoroso:
– È un simbolo dell’arte irlandese. Lo specchio incrinato di una serva.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– L’ho fregato nella camera d’una sguattera, disse Buck Mulligan. Per lei come specchio va benissimo. Mia zia tiene sempre in casa delle serve bruttine per Malachi. Non indurlo in tentazione. Questa si chiama Ursula.
Ridendo ancora si portò via lo specchio sottraendolo agli sguardi curiosi di Stephen.
– La rabbia di Calibano a non riconoscersi nello specchio, disse. Ah, se il buon Oscar Wilde fosse ancora vivo e potesse vederti!
Tirandosi indietro e puntando il dito, Stephen dichiarò amaramente:
– Quello è un simbolo dell’arte irlandese. Lo specchio sbrecciato d’una serva.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ho inoltre citato la prefazione al Ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde del 1890:
The nineteenth century dislike of realism is the rage of Caliban seeing his own face in a glass. The nineteenth century dislike of romanticism is the rage of Caliban not seeing his own face in a glass.
L'avversione del diciannovesimo secolo per il realismo è la rabbia di Calibano che vede il proprio volto riflesso nello specchio. L'avversione del diciannovesimo secolo per il romanticismo è la rabbia di Calibano che non vede il proprio volto riflesso nello specchio.
Sempre di Oscar Wilde ho citato un passo da "The decay of lying" ovvero "La decadenza della menzogna" del 1889:
What do you mean by saying that life, "poor, probable, uninteresting human life," will try to reproduce the marvels of art? I can quite understand your objection to art being treated as a mirror. You think it would reduce genius to the position of a cracked looking glass. But you don't mean to say that you seriously believe that Life imitates Art, that Life in fact is the mirror, and Art the reality?
Che cosa vuoi dire affermando che la vita, “la povera, probabile, tanto poco interessante vita umana”, tenterà di riprodurre le meraviglie dell’arte? Io posso capire abbastanza la tua obiezione all’arte che viene trattata come uno specchio. Tu pensi che ridurrebbe il genio alla posizione di uno specchio rotto. Ma non intendi affermare che credi seriamente che la Vita imita l’Arte, che la Vita in definitiva è lo specchio e l’Arte la realtà?
Ed infine questi versi da "The Wasteland /  La Terra desolata" di Thomas S. Eliot del 1922:
What are the roots that clutch, what branches grow
Out of this stony rubbish? Son of man,
You cannot say, or guess, for you know only
A heap of broken images
Quali sono le radici che s’afferrano, quali i rami che crescono
Da queste macerie di pietra? Figlio dell’uomo,
Tu non puoi dire, né immaginare, perché conosci soltanto
Un cumulo d’immagini infrante

lunedì 29 luglio 2019

#12 Lo specchio - parte I


Ritratto di George Dyer allo specchio
 Francis Bacon 1968
Buck Mulligan riferisce insinuazioni sulla salute mentale e fisica di Stephen Dedalus. Ma Stephen sembra essere più che altro interessato alla propria immagine riflessa nello specchio di Buck.

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https://youtu.be/TUIeRztRzKU

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
—That fellow I was with in the Ship last night, said Buck Mulligan, says you have g. p. i. He’s up in Dottyville with Conolly Norman. General paralysis of the insane.
He swept the mirror a half circle in the air to flash the tidings abroad in sunlight now radiant on the sea. His curling shaven lips laughed and the edges of his white glittering teeth. Laughter seized all his strong wellknit trunk.
—Look at yourself, he said, you dreadful bard.
Stephen bent forward and peered at the mirror held out to him, cleft by a crooked crack, hair on end. As he and others see me. Who chose this face for me? This dogsbody to rid of vermin.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
– Quel tale che era con me al Ship ieri sera, disse Buck, dice che tu hai la p.g.a. Lui è a Cretinopoli con Connolly Norman. Paralisi generale degli alienati!
Sventagliò a semicerchio lo specchio nell’aria per lampeggiare all’intorno le notizie nella luce del sole adesso raggiante sul mare.
Le labbra sbarbate e increspate risero, e così pure i bordi dei denti bianchi, scintillanti.
Il riso s’impadronì di tutto il suo torso forte, ben piantato.
– Guardati, disse, o tremendo bardo!
Stephen si chinò in avanti e scrutò lo specchio a lui offerto, rigato da un’obliqua incrinatura. Ritti i capelli. Come mi vedono lui e gli altri. Chi mi ha scelto questa faccia? Questo corpo d’un cane da spidocchiare.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
– Il tipo con cui stavo allo Ship ieri sera, disse Buck Mulligan, dice che hai la P.P. Sta a Dottyville con Connolly Norman. Paralisi progressiva.
Disegnò nell’aria con lo specchio un semicerchio come a voler spandere le notizie nella luce di quel sole ora radioso sul mare.
Le labbra rasate e increspate ridevano assieme alle punte dei suoi bianchi denti splendenti.
La risata si impossessò completamente di quel busto forte e tornito.
– Ammìrati, disse, bardo tremendo.
Stephen si chinò in avanti e scrutò nello specchio di fronte a sé, incrinato di traverso da una crepa, i capelli dritti. Come mi vedono lui e gli altri. Chi me l’ha scelta questa faccia? Questa bestia da soma da spulciare.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– Il tizio che ho incontrato ieri sera allo Ship, fece Buck Mulligan, dice che tu soffri di p. t. c. Paralisi tarati di cervello. Lavora giú a Ca’ Mattolica con Conolly Norman.
Sventagliò lo specchio in aria a semicerchio, mandando lontano quell’annuncio, nel bagliore del sole ora radioso sul mare.
Le labbra curve e ben rasate ridevano insieme ai bordi dei denti, bianchi e luccicanti.
Poi lo sghignazzo prese a scuoterlo in tutto il torso, forte e ben squadrato.
– Ma guàrdati un po’, disse, bardo orripilante che non sei altro.
Stephen si chinò a guardarsi nello specchio che l’altro gli reggeva, solcato per traverso da un’incrinatura. Capelli dritti. Chi ha scelto questa faccia per me? E questa povera bestia da spidocchiare?
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ho inoltre citato una strofa della poesia di Robert Burns del 1786, "To a louse, on seeing one on a lady's bonnet at church", ovvero "Ad un pidocchio sulla cuffia di una signora in chiesa":
O wad some Pow’r the giftie gie us
To see oursels as others see us!
It wad frae monie a blunder free us
An’ foolish notion
Oh, se qualche Potenza ci facesse il dono
Di vederci come ci vedono gli altri!
Ci libererebbe da molti errori
E sciocche pretese
Infine riporto l'indirizzo di quello che era la Ship Tavern di Dublino: 5 Lower Abbey Street - North City Dublin. Su google mappe potete vederne ancora la stretta porticina rossa fra i negozi Ladbrokes e Reynods, cliccando qui.

giovedì 11 luglio 2019

#11 I vestiti di Stephen


Il figlio dell'uomo - Magritte
L'abito fa il monaco? Osserviamo i vestiti consunti di Stephen. Il loro colore lugubre. Ci parleranno di lui e della sua condizione, sotto l'occhio impietoso di Buck Mulligan.

Per guardare questo video su youtube, clicca qui sotto:
https://youtu.be/wFKGuuX3DAc

Ecco il testo in lingua originale del brano citato dall'Ulysses in questo video:
—Ah, poor dogsbody, he said in a kind voice. I must give you a shirt and a few noserags. How are the secondhand breeks?
—They fit well enough, Stephen answered.
Buck Mulligan attacked the hollow beneath his underlip.
—The mockery of it, he said contentedly, secondleg they should be. God knows what poxy bowsy left them off. I have a lovely pair with a hair stripe, grey. You’ll look spiffing in them. I’m not joking, Kinch. You look damn well when you’re dressed.
—Thanks, Stephen said. I can’t wear them if they are grey.
—He can’t wear them, Buck Mulligan told his face in the mirror. Etiquette is etiquette. He kills his mother but he can’t wear grey trousers.
(James Joyce 1922)
La lettura del brano originale è ad opera di Frank Delaney e tratta dal podcast ReJoyce:
https://blog.frankdelaney.com/re-joyce/

Ecco i testi delle traduzioni in italiano dall'Ulisse lette e citate in questo video:
– Ah, povero corpo d’un cane! disse con voce gentile. Ti devo dare una camicia e qualche moccichino. E che ne è delle brache di seconda mano?
– Mi vanno abbastanza bene, rispose Stephen.
Buck Mulligan attaccò l’incavo sotto il labbro inferiore.
– Che canzonatura, disse soddisfatto. Si dovrebbero chiamare di seconda gamba. Dio sa quale sifiletilico le ha smesse. Io ne ho un bel paio con un righino, grigie. Con quelle farai faville. Non sto scherzando Kinch. Fai un figurone quando ti vesti bene.
– Grazie, disse Stephen. Non le posso portare se sono grigie.
– Non le può portare, Buck Mulligan disse alla sua faccia nello specchio. L’etichetta è l’etichetta. Ammazza la madre ma non può portare pantaloni grigi.
(Giulio De Angelis, 1960, Mondadori)
– Ah, povera bestia da soma, disse con voce gentile. Devo darti una camicia e qualche straccio per il naso. Come ti stanno quei calzoni di seconda mano?
– Abbastanza bene, rispose Stephen.
Buck Mulligan attaccò l’incavatura sotto il labbro inferiore.
– Che presa in giro, disse soddisfatto, di seconda gamba si dovrebbe dire. Dio solo sa quale lebbroso alcolizzato li avrà scartati. Ne ho un paio seri a righe, bellissimi, grigi. Sembrerai un signorino. Non scherzo, Kinch. Stai maledettamente bene quando ti vesti elegante.
– Grazie, disse Stephen. Se sono grigi non li posso indossare.
– Non li può indossare, lui, disse Buck Mulligan rivolgendosi alla propria faccia nello specchio. L’etichetta è etichetta. La madre la può pure ammazzare, ma indossare pantaloni grigi, questo no.
(Enrico Terrinoni, 2012, Newton Compton)
– Ah, povera bestia che non sei altro, disse con voce gentile. Devo darti una mia camicia e qualche fazzoletto da naso. Come vanno le brache di seconda mano?
– Mi vanno abbastanza bene, rispose Stephen.
Buck Mulligan prese a radersi la fossetta sotto il labbro inferiore.
– Bisognerebbe dire di seconda gamba, no? Ah, che ridere! commentò contento. Chissà quale sifilitico menagramo li ha smessi, quei calzoni. Ne ho un bellissimo paio a righine grigie.
Farai una figura da gagà con quelli. Non scherzo, Kinch, quando ti vesti bene fai una gran figura.
– Grazie, fece Stephen, ma se sono grigi non posso metterli.
– Non può metterseli, disse Buck Mulligan rivolto allo specchio. L’etichetta va rispettata. Lui ammazza sua mamma ma non può portare calzoni grigi.
(Gianni Celati, 2013, Einaudi)
Ho inoltre citato l'Amleto di Shakespeare, dall'atto I:
How is it that the clouds still hang on you?
(...)
Cast thy nighted colour off.
Perché ancora quelle nubi sulla tua fronte?
(...)
Scuoti di dosso quel colore notturno.